Eccentrico italiano
Una mostra ripercorre il lungo lavoro di Ugo La Pietra, che si è sempre tenuto ai margini delle mode e dei movimenti
Gli intellettuali italiani, notava Gramsci, hanno la tendenza a riunirsi in gruppo per le loro battaglie. Basterebbe questo a rendere fico Ugo La Pietra e il suo lavoro, che da sempre ha mantenuto una sua traiettoria personale autonoma sfiorando soltanto i movimenti principali nei vari campi in cui si è cimentato, sempre prendendosi pochissimo sul serio. Cominciando dalla pittura e dallo spazialismo di Lucio Fontana, proseguendo con l’architettura e il design radicale, nel cinema situazionista fino al recupero dell’artigianato negli anni del postmoderno e del ritorno alla tradizione – senza contare la sua passione per il clarinetto e il jazz, visto che ancora si esibisce ogni tanto in qualche piccolo club tipo Woody Allen. Ora una piccola mostra al Ciac di Foligno, aperta fino al 30 settembre, “Istruzioni per abitare la città. Opere e ricerche nell’ambiente urbano dal 1969 al 2017” con un piccolo catalogo pubblicato da Viaindustriae, ripropone un’antologica compressa del suo lungo ed eccentrico lavoro.
Eccentrico perché La Pietra, intenzionalmente e no, si è sempre tenuto ai margini delle mode e dei movimenti, a partire dalla sua biografia: nato da genitori di Arpino e cresciuto brevemente vicino Pescara, arrivare a Milano dove frequenta il dipartimento di interni di Gio Ponti e si laurea con Vittoriano Viganò. Incrocia poi i radicali fiorentini Archizoom, Superstudio, Ufo ecc., ma il riferimento è più a nord, a quelli austriaci, Hans Hollein o Haus-Rucker-Co. Frequenta Gillo Dorfles, che scrive sui suoi libri e sul suo cinema disimpegnato-sensibile, attento alle stranezze e ai freak, e alle periferie più banali come “Per oggi basta” (1974) o “La riappropriazione della città” (1977), dove La Pietra si fa la barba in mezzo a una rotatoria al motto situazionista “Abitare è essere dovunque a casa propria”.
Forse la sua inclinazione primaria è semplicemente quella dell’antropologo, come si evince anche dal suo ultimo libretto, “Storie brevi con” (Manfredi edizioni, 15 €) dove racconta gli incontri avuti con Sol LeWitt, Gilda Bojardi, Piero Castiglioni, Ettore Sottsass, Vico Magistretti e altri, sempre in situazioni buffe o ingarbugliate, concludendo con una frase di J.J. Rousseau: “Je sais bien que le lecteur n’a pas grand besoin de savoir tout cela, mais j’ai besoin moi de lui dire”.