Architetti su Marte
Da Fuller, l'inventore della cupola geodetica, allo studio Foster & Partners che ha appena presentato il progetto di colonizzazione “Mars Habitat” per i progetti interplanetari alla Elon Musk
Finalmente il Saggiatore ha tradotto il libro più noto di Richard Buckminster Fuller, Manuale operativo per Nave Spaziale Terra, il secondo in italiano - il primo uscì nel 1969, ma era solo una conferenza sull'educazione. Atipico in tutto, a partire dal nome, Fuller combatté per tutta la vita gli specialismi, caldeggiando sempre una visione olistica e totale delle cose del mondo. Per questo venne cacciato da Harvard e cominciò a dedicarsi a tutta una serie di progetti strambi: case mobili e aviotrasportabili, automobili aeronautiche a tre ruote, tutte appartenenti alla serie DYmaxon da DY (dynamic), Max (maximum), e Ion (tension). Poi, dopo la guerra – partecipò alla prima nella Marina militare, per questo progetterà anche una canoa metallica smontabile – la sua fama crebbe a dismisura per l’invenzione della cupola geodetica, formata da tanti elementi prefabbricati e in grado di costruire strutture resistentissime, ma leggerissime.
Oltre al principio costruttivo, le cupole geodetiche trovarono ascolto anche presso la Nasa per un eventuale utilizzo nella corsa alla Luna e infatti Fuller venne scelto come progettista del padiglione Usa all’Expo di Montreal nel 1967, un’enorme palla modulare che somigliava molto a una stazione spaziale.
Il mito della leggerezza, dunque, ben prima di Renzo Piano, sedusse colleghi come Yona Friedman, Archigram, Superstudio e giovani accademici, specie quelli che avevano modo di accedere alle sue teorie extra accademiche, come il giovanissimo Norman Foster, studente a Yale, che lo intervistò e frequentò: il cetriolone di Londra e tanti altri progetti sono infatti fulleriani, così come l’impostazione ecologista.
Fuller infatti è stato fra i primissimi a credere nelle fonti rinnovabili, sin dagli anni ’60, e fra i suoi progetti più visionari c’era anche quello di una mega cupola di vetro che potesse coprire Manhattan per poter climatizzare un’intera città, ispirandosi alla galleria milanese Vittorio Emanuele II, e in tempi di global warming c’è da scommettere che questi progetti torneranno. Non a caso lo studio Foster & Partners ha appena presentato a Londra il progetto di colonizzazione di Marte “Mars Habitat” proprio per i progetti interplanetari alla Elon Musk, con riferimenti diretti al Fuller autore di altri testi visionari come “Your private sky”. Del resto il manuale per Nave Spaziale Terra era esplicito: se il mondo è un’astronave, prima di tutto ha risorse non infinite, e prima o poi bisognerà prendere il volo verso qualche altra parte.