foto tratta dal sito della Triennale di Milano

Il duomo delle merci

Michele Masneri

Alla Triennale i quasi 100 anni della Fiera di Milano raccontati dai suoi archivi. Tra immagini, pubblicità, filmati d’epoca

Milano nel pieno dell’autocelebrazione di questo suo nuovo rinascimento, dai boschi verticali alle biblioteche vegetali, tra salone o settimana del libro, del calcio, del piano, e naturalmente del Mobile e della Moda, dà la stura a tutto, raschiando anche il famoso fondo del barile.

 

E però anche dai cassetti “minori” vengon fuori robe preziosissime, come questa mostra in Triennale “Prospettiva. Viaggio negli archivi di Fondazione Fiera Milano”, perfetta come tutte le ricette migliori fatte “con quel che si ha in casa”, cioè appunto foto, nastri, video, poster, di quel “luna park per adulti”, come scrive Carlo Antonelli nel catalogo, che è stata la Fiera di Milano. Fondata nel 1920, la Fiera ha mostrato al mondo tutti i ritrovati della modernità, portando il mondo a Milano.

 

Ecco qui in foto, microfilm, vhs, cataloghi, brochure, spot, poster, gli avvenimenti salienti di questa avventura nel sancta sanctorum della milanesità: nel 1946 la prima lavatrice italiana “automatica” della Candy del commendator Fumagalli; nel 1957 il Moplen, la moderna plastica commerciale, presentato in fiera dal chimico poi premio Nobel Giulio Natta, che scrive nel suo diario quel giorno, con understatement milanese: “fatto il polipropilene”, come noi si scriverebbe “incontrato Mario”, “fatto bonifico Inpgi”. Nel 1962, la prima metro, la Rossa, e la prima fermata, ovviamente, “Amendola-Fiera” (la Rossa a sua volta diventa un incredibile veicolo di celebrazione della milanesità; disegnata o “allestita” da Franco Albini, con grafica di Bob Noorda, vince ovviamente il Compasso d’oro, che a Milano è meglio del Nobel).

 

Nel 1972 uno spot d’epoca intima che “da aprile Milano diventa una città poliglotta”, naturalmente per il Salone, mentre un 747 Alitalia scende su Linate e parte il riff di “Innamorarsi a Milano”.

 

E poi tubi, ingranaggi, elicotteri: tutti i moderni ritrovati eccoli qui, anche in una serie di foto d’epoca e “collectibles” anche da portar via come lo scaltro catalogo “staccabile” con foto vintage (e telefoni d’epoca che leggono articoli d’epoca sulla mostra). Le voci dei filmati garantiscono che “questa città racchiude in sé le punte più avanzate del settore” e la Fiera è “un’organizzazione che merita a buon diritto la definizione di perfetta”.

 

Capi di Stato, ambasciatori, vescovi, cardinali, tutti accorrono. Da Vittorio Emanuele III al presidente Leone al presidente-ideologo della négritude Leopold Senghor (a inaugurare un palazzo Africa).

 

Però gli uomini son tutti piccolini rispetto alle merci qui giganti e protagoniste, nelle colossali riproduzioni pubblicitarie di plastica o cartapesta: enormi caffettiere Bialetti, ruote, bottiglie di liquori, tubi, pulegge, trivelle, giradischi, città in miniatura Galbani.

 

Se Milano “da sempre è stata la città dello scambio, della compravendita”, come scrive lo studioso John Foot nel catalogo della mostra, la Fiera, epicentro del lavoro-guadagno-pago-pretendo, mantra locale, è su larga scala il correlativo oggettivo in periferia della vetrina in Centro. E’ il luogo dove si creano i bisogni e i macchinari per soddisfare i bisogni: “un enorme rituale, un evento annuale simbolo del boom” (la Fiera, insomma, è il vero Duomo di Milano).

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