Il mondo di Denise Scott Brown

Michele Masneri

All'Architekturzentrum di Vienna c'è "Downtown Denise Scott Brown", mostra dedicata all'architetta e urbanista americana, moglie di Robert Venturi (e non solo)

Fino al 18 marzo si può visitare all'Architekturzentrum di Vienna "Downtown Denise Scott Brown", mostra dedicata all'architetta e urbanista americana. Si tratta di un piccolo evento, celebrato anche dal catalogo pubblicato da Park Books e curato da Jeremy Eric Tenenbaum, perché Scott Brown per tutta la vita è rimasta spesso nell'ombra che su di lei gettava l'illustre marito Robert Venturi. Un'ingiustizia un po’ sessista nell’America del resto della macho-architettura ufficiale degli anni '60 e '70 nei musei e nelle università - ora invece è in atto un totale riequilibrio. Certo Venturi, scomparso proprio quest'anno, è stato un gigante per influenza e peso culturale sugli architetti di tutto il mondo, ma il libro che pubblicarono insieme nel 1972, “Imparare da Las Vegas” (insieme a un terzo autore che nessuno ricorda mai, Steven Izenour), è da ascrivere più alle ricerche di Denise che guardò la sin city del Nevada senza i pregiudizi dei benpensanti. Del resto i suoi occhi non potevano essere più diversi da quelli americani o europei: nata in Zambia da genitori ebrei lituani e lettoni scappati dai pogrom russi, cresciuta a Johannesburg, Denise Lakofski aveva e ha occhio cosmopolita-assoluto, come dimostrano le sue bellissime fotografie pubblicate, molte per la prima volta.

 

Il libro e la mostra ricostruiscono compiutamente una biografia intellettuale piuttosto romanzesca, dal matrimonio giovanissima con Robert Scott Brown, i loro studi a Londra e viaggi in Italia, la tragica morte in un incidente di lui e il nuovo legame con Bob a Philadelphia e poi ancora l'impegno sociale nelle periferie con spirito pop e allegro, perché l’engagement - questo il suo più grande insegnamento - deve essere anche divertente.

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