Nuovi consumi americani
Dal negozio senza cassieri alla app che cucina da sola alla cyclette “social”: tra cibo e fitness, viaggio attraverso le nuove manie statunitensi
Basta aggirarsi per la solita Market Street, a San Francisco, per vedere tutti dei nuovi usi e costumi (come cambia, già in pochi mesi, la capitalina della Silicon Valley). Intanto, si va subito a far la spesa da Amazon Go, il celebre negozio senza cassieri, che ha aperto in varie località americane. Qui, poco lontano dall’Hearst Building, grattacielo dei fondatori della stirpe californiana, la sera alle sette non c’è molta gente.
Tre commessi con una tutina arancione, sorridenti, giovani, ti spiegano come fare. Scarichi la app, passi il QR code nel lettore, si apre un tornello come nella metropolitana, prendi quello che vuoi e te ne vai senza pagare. Superato il wow però il negozio è triste, vuoto. Turisti raminghi guardano in alto per vedere dove sono i sensori che dal soffitto pendono per registrare movimenti e spostamenti. I commessi del negozio-senza-commessi sono numerosi: c’è un cartello “assumiamo”, e non si capisce cosa dovranno fare i nuovi assunti nel negozio senza dipendenti. Quelli di adesso son vestiti da sci, è gelido il negozio senza-commessi, forse per raffreddare le decine di sensori. Il negozio offre le insalate di quinoa a dieci dollari, le acque smart a cinque, e tutto il ben di dio bio della California, poi dei preoccupanti “kit” per preparare una cena (salmone grigliato più riso basmati, per due persone, mezz’ora di cottura, 29 dollari). Il negozio è deserto, si aggirano solo spauriti turisti che vogliono provare l’esperienza. Forse i sensori ci hanno visti perplessi, così arriva una commessa umana che dice: salmone teriyaki, non è fantastico? Se non ti va di cucinarlo, puoi chiedere ad Alexa di farlo. Guardando meglio, sulla confezione c’è scritto infatti “Cucina con Alexa!”, cioè si può comandare all’inserviente virtuale di Amazon, quella specie di tubo collegato alle utenze domestiche, e lei attiverà il forno (il pensiero va sempre a “Io e Caterina”, di e con Alberto Sordi).
La commessa se ne va col suo berretto da sci, noi si prende un prezioso cofanetto di “chia pudding” (i semi di chia sono naturalmente un superfood dagli effetti miracolosi), a 5,99, si esce dal tornello, non succede niente. Controllando l’applicazione per vedere se il negozio senza casse avrà calcolato giusto, ci casca il barattolo di chia, rompendosi. Smadonnando, appare un un messaggio: “Complimenti! Hai impiegato otto minuti e trentadue nel tuo giro!”; quindi il tema di questi Amazon Go sarà anche la velocità nel fare la spesa? Ci saranno dei premi per i primi classificati? Comunque corriamo verso l’Uber per tornare a casa – si è scelto Uber Pool Express, per risparmiare, praticamente la versione pullmino, indica un punto dove l’autista viene a recuperarti e poi ti lascerà non proprio a casa ma vicino (dopo aver raccattato anche gli altri trasportati). Ci si siede davanti poiché un recente articolo su un blog tipo “Guidatori a San Francisco” dice che gli autisti Uber si sentono molto discriminati in quanto i clienti si siedono tutti dietro, facendoli sentire dei servi (e che pensavano di essere? I tuoi migliori amici?). Però il vasetto di chia rotto comincia a sgocciolare: l’autista Bruna (brasiliana, sono tutti brasiliani ormai gli uberisti a San Francisco) ci guarda malissimo. Tutti stanno zitti perché il galateo dell’Uber cambia molto nel pool: ognuno si fa i fatti suoi e non si è tenuti alle conversazioni amabili e defatiganti con gli autisti come quando si è in tête a tête. Il giorno dopo, da Whole Foods, al colosso dei supermercati bio, per la prima volta si riesce a fare la spesa per meno di 60 dollari. Incredibile. Anche il micidiale scatolino di berries vari, mirtilli e lamponi e fragole, ideale per la colazione ricca di vitamina C, che stava prima sui 7 dollari, ora è sceso a 5. Alla cassa, “ha la membership Amazon, caro?” dice la cassiera. “La apra, passi il QR code nel lettore, vediamo se ha diritto a degli sconti”. Ancora il QR! Questi supermercati son stati comprati come si sa da Jeff Bezos, il geniale palestrato-divorziando più ricco del mondo, probabilmente intenzionato a succhiare tutti i dati dei clienti anche del supermercato fisico, più che a fare profitti con le verdure (infatti ha abbassato subito i prezzi di arance e pomodori). Amazon così sta sorpassando tutti gli altri colossi nella pubblicità: perché ha il vantaggio di sapere tutto anche della tua vita reale: dove stai di casa, e ora cosa mangi per cena (Alexa, la stessa che ti dovrà cuocere il salmone, è brevettata poi anche per capire dalla tua voce se hai l’influenza o la depressione, dunque ti suggerirà terapie e farmaci). Non lontano dal negozio senza commessi e da Whole Foods, ecco poi uno stand di Peloton, l’ultimo ritrovato nel fitness: è una cyclette aspirazionale e “social”: per chi, stanco di fare palestra con degli umani, e dovendo perfino uscire di casa, ora può invece acquistare dietro abbonamento queste macchine che montano enormi schermi, dove apparirà un maestro che ti dice: spingi, rallenta, pedala! Sulla parte destra dello schermo compaiono invece gli altri malcapitati che stanno sudando ad altre latitudini e con cui puoi interagire; la bici viene 2.245 dollari, ma bisogna comprare l’abbonamento da 39 al mese col quale si accederà, dice il commesso, ai nerboruti istruttori virtuali. L’obiettivo di Peloton è quello di entrare nel ricco mercato dello spinning siliconvallico, sconfiggendo il temibile Soulcycle, gruppo di 200 palestre con cyclette per pedalatori disposti a spendere fino a 500 dollari al mese. E’ stato immortalato anche nell’ultimo film di Amy Schumer, “Come ti divento bella”, dove nell’entusiasmo generale della pedalata lei cade rovinosamente, ottenendo uno shock cerebrale e prendendo alla lettera l’istruttrice che aveva ingiunto “d’ora in poi ti vedrai come hai sempre voluto essere”, cioè, improvvisamente, una bonona (e se ci credi, funziona: è l’America).