Amori sintetici in galleria
Bambole e figli di plastica nelle fotografie di Elena Dorfman e Jamie Diamond in mostra all’Osservatorio della Fondazione Prada
Mentre sulle giornate della moda aleggia il fantasma di Karl Lagerfeld e della gatta ereditiera, all’Osservatorio della Fondazione Prada, sopra i dolcetti di Marchesi e tra i parquet più belli di Milano che danno sulla Galleria Vittorio Emanuele, ci si interroga su tanti legami familiari. Nella mostra “Surrogati. Un amore ideale”, che ha aperto giovedì, tante foto iperrealiste di Elena Dorfman e Jamie Diamond a indagare relazioni sintetiche forse poco pericolose e certo molto meno problematiche di quelle bio.
Le bambolone della Dorfman della serie “Still Lovers” mostrano le vite molto normali di partner plastici, coi detentori e utilizzatori finali di questi manufatti spesso al di fuori del luogo che si penserebbe (cioè il letto), bensì al parco, a tavola, in passeggiata, davanti alla tv. Dopo lunghe ricerche, Dorfman è riuscita a scovare proprietari-fidanzati di bambole che hanno raccontato le loro convivenze, tra cui una coppia che teneva una bambola per compagnia, come terza figlia, di nascosto dagli altri figli animati; o un proprietario di una vera e propria scuderia, grazie a 15 corpi più molte teste intercambiabili, che danno vita a un vasto repertorio di esseri. Si scopre che c’è chi preferisce le bambole più leggere (che però sono più dure al tatto), e chi quelle dal peso realistico, che possono stare sedute come un vero essere umano.
La millennial fotografa newyorchese Jamie Diamond ritrae invece nelle sue serie “Forever mothers” e “Nine Months of reborning” tanti bebé plastici collezionati da una comunità di artiste autodidatte che si chiamano le reborners, perché soddisfano il desiderio di maternità non procreando all’antica o con vituperati uteri in affitto, bensì collezionando e producendo bambolotti “customizzati” per sé e per altre madri, madri che magari non hanno più l’età per fare figli veri, oppure che li hanno persi e vogliono averne copie conformi, oppure semplicemente son contente così. Ogni bambola ha un’espressione diversa, c’è quella che piange, quella che dorme, la neonata, quella di tre mesi e poi la bambinona. La piccola fabbrica-asilo che le produce si chiama Forever Young Silicon Babies.