Dietro la facciata milanese
Oggi per gli architetti romani è dura, le occasioni fuori dalla bolla meneghina scarseggiano
C’è un’affermazione molto netta al fondo della prima grande monografia che lo studio romano Labics ha pubblicato di recente – “Structures” Park Books, Zurigo – e cioè che l’architettura milanese è composta perlopiù di facciate, alla Caccia Dominioni o Asnago&Vender per intenderci, mentre l’architettura romana è composta più di spazi e, soprattutto, volumi. L’affermazione suona verosimile perché gli autori, Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori, supportati da Stefano Casciani che cura il libro, evocano come controprova le opere milanesi di Luigi Moretti, campione romano in trasferta, immortalato da Michelangelo Antonioni in “La notte” del 1961. Altri tempi. Oggi per gli architetti romani è dura, le occasioni fuori dalla bolla meneghina scarseggiano e quando vengono agguantate come nel caso del concorso per l’ampliamento del Palazzo dei Diamanti di Ferrara – che è divenuto un piccolo ma notevole polo espositivo in competizione con quelli ancora più agguerriti di Forlì e Rovigo – ecco che il demone populista arriva sollecito ad annullare tutte le procedure legali precedenti e a uccidere nella culla uno dei rari concorsi di architettura moderna nei centri storici cittadini italiani. Non resta che sperare nei concorsi privati, dove un committente illuminato come Isabella Seragnoli ha promosso la realizzazione di una nuova fondazione che ha ampliato e arricchito la sede della sua azienda di una galleria espositiva, un auditorium, un centro wellness e un asilo nido aperto non solo ai dipendenti ma anche al quartiere Reno circostante, nella periferia sud-ovest di Bologna. Ed è appunto la Fondazione Mast (2013) il pezzo forte del catalogo dei Labics, dotato com’è di una certa enfasi monumentale romana visto che si erge sulla tranquilla periferia bolognese come un piccolo Campidoglio. E molto romana è anche la copertina del libro che inquadra una sbiadita facciata arancione tutta rabberciata, un palazzo qualsiasi dunque, sopra la quale svettano i volumi della Città del sole (2016), l’edificio polifunzionale al Tiburtino che intensifica la città esistente e tenta di ammodernarla con uno spirito affine all’utopia campanelliana cui allude. Tra un progetto e l’altro troviamo quattro saggi dedicati ai diversi tipi di strutture (geometria, spazio pubblico, tettonica, circolazione) così come essenzialmente fatta di strutture è la loro primissima opera: i nuovi percorsi e le passerelle aeree nei Mercati traianei e nel relativo Foro (2004), già oggetto della prima opera di restauro formalmente unitario del giovane Moretti nei primi anni Trenta. Più romani di così, insomma, è davvero impossibile.