La sera andavamo al Plastic
Il lato ruggente dei Settanta. In morte di Lucio Nisi, che arrivò a Milano dalla Puglia per vendere frutta e verdura e si scoprì imprenditore della notte
È morto e ha avuto il suo bel necrologio Instagram del sindaco Beppe Sala: come molti inventori di fenomenologie milanesi era in realtà pugliese, Lucio Nisi, arrivato a Milano negli anni di altri boom – i Settanta roboanti post “Rocco e i suoi fratelli” e in tempo per “Sessomatto” di Dino Risi del 1973 (l’episodio “Un amore difficile” mostrava travestite già “pazzèsche” prima di Miss Keta, che si ricongiungevano tra le fughe di cervelli e fratelli. “Ma sei proprio milanese?”, domanda Saturnino metalmeccanico a una certa Gilda, signorotta che esercita il meretricio sotto la Japan Bank, salvo scoprire che il vero nome è “Ferreri Cosimo”, con la “e” stretta, e dunque fratello all’anagrafe di lui, Messeri Saturnino. Gilda/Cosimo è “milanese di fuori”; cioè come poi tutti, e alla fine vivranno felici e contenti in una Milano già inclusiva e attenta alla diversità, prima della scoperta del Salento.
Nisi era arrivato anzi dalle Puglie, da Villa Castelli in provincia di Brindisi, con un avvenire da fruttarolo, ma poi qualcosa successe, e si ritrovò imprenditore della notte, una specie di Studio 54 e lui una specie di Ian Schrager – però il Plastic, che non si sapeva mai come pronunciare, e dove mettere l’accento, taluni dicevano Plastìc (come poi università “Lewis” per Luiss), è durato assai di più, quarant’anni contro tre, con un cambio di sede pure negli anni Duemila. Anche il sindaco (e come ti sbagli) ha irrorato un necrologio su Instagram: “Esprimo il mio cordoglio per la scomparsa di Lucio Nisi, tra i fondatori del Plastic, storico locale milanese che nel tempo ha portato a Milano stili nuovi e attratto artisti internazionali, insignito dell’Ambrogino d’oro nel 2009. La nostra città lo ricorderà con gratitudine”, ha scritto Sala. Nisi aveva 71 anni e aveva fondato nel 1980 in viale Umbria questo locale piccolo ma che aveva incrociato subito la Milano degli anni Ottanta: la finanza, la moda, il design, con un’internazionalità di fruizione che ancor oggi rimane.
La selezione alla transenna era feroce: però dentro Grace Jones, Madonna, Keith Haring e Andy Warhol, i Rem. Per serate leggendarie come quella del Sabato (“House of Bordello”, che poi ha cambiato nome in “Club Domani”) che ancor oggi è il posto dove andare a Milano. Un mischione di artisti, designer, oggi molto internazionale, straboccante nelle week di design e moda, più interessante nei pochissimi tempi morti che Milano ormai concede. Interrazziale, internazionale, quasi interclassista: Francesco Vezzoli e Maurizio Cattelan e tanti altri. Non è mai costato molto, cinquemila lire il sabato più cinquemila per i drink, e la clientela era una specie di “verticale”, arrivavano questi studenti e stagisti diciottenni prima che esistessero gli Ied e le Marangoni, e poi rimanevano clienti per sempre. L’età non è mai stata una discriminante al Plastic: si doveva semmai essere belli e simpatici, non necessariamente danarosi, perché il Plastic non è mai stato una disco coi tavoli e le bottiglie di Crystal. Si ballava. Però selezione feroce alla porta anzi alla transenna, affidata ai primi tempi alla leggendaria Pinky. Un covo di creatività milanese per una volta cheap nel senso di economica: Nisi con quello strano posto fondato in realtà da un fratello aveva inventato alcune ibridazioni poi identitarie milanesi la Drag ispirata alla Vanoni, a chilometri zero, o alla Patty o alla Mina, con karaoke italiani ante litteram (e poi “Al varietà”), e si ritorna direttamente in “Sessomatto”. Per anni il Lucio aveva tenuto in piedi anche il negozio di frutta e verdura, ma poi aveva fatto la sua scelta; perché pare che il fratello non avesse il bernoccolo della nightlife. E poi, anche, un ristorante. S’era fatto mancare pochissimo, compresa una candidatura con l’Udc di Giovanardi, per dire il tipo.