La pensilina della discordia
Riparte il progetto per l’ingresso posteriore degli Uffizi. Dopo vent’anni di discussioni
Tra talpe interrate, Mose incagliati, Tav mai nati, fa sorridere l’idea che Ponti aveva degli italiani “nati per costruire. Costruire è carattere della loro razza, forma della loro mente, vocazione e impegno del loro destino, espressione della loro esistenza, segno supremo e immortale della loro storia”. Miao: dev’essere una nemesi storica, come per i romani che hanno inventato le strade e ora ci cascano dentro. Qualunque opera in Italia fa prima a essere musealizzata, a diventare un reperto, prima di vedere aperto un cantiere, ormai. Così, mentre a Roma la talpa Filippa, la talpa che scava la metro C, finirà tumulata perché non ci son più soldi o non si sa come usarli (Fellini, torna!), a Firenze qualcosa si muove. Dopo soli vent’anni di discussioni pare che stia per partire il progetto per la loggia di Arata Isozaki, nome complesso per una povera pensilina (per quanto d’autore), che dovrà coprire l’ingresso posteriore degli Uffizi. L’ha detto il ministro Dario Franceschini. Così i visitatori del terzo museo più visitato d’Italia (primi i Musei Vaticani, secondo Palazzo Ducale a Venezia), potranno non bagnarsi, anche in previsione di climi sempre più monsonici. La complessa opera pensilinica trova la sua origine nell’anno 1998, governo Prodi I, concorso internazionale per rafforzare il museo italiano di punta, partecipano Mario Botta, Gae Aulenti, Vittorio Gregotti, Norman Foster e molti altri, ma la spunta il giapponese Isozaki. E come nella migliore tradizione fiorentina di Ugo Ojetti (che non voleva la stazione più bella d’Italia), partono furibonde liti, da Franco Zeffirelli a Oriana Fallaci che da New York fa sapere di essere pronta a incatenarsi, segue a ruota Vittorio Sgarbi che nel 2001 diventa sottosegretario del governo Berlusconi II e tutto si ingolfa. Nel frattempo Isozaki, 88enne, ha fatto in tempo quest’anno a vincere il Pritzker Prize, il Nobel dell’architettura, consegnatogli dal presidente Macron a Versailles. La pensilina della discordia rischia d’essere insomma postuma.