Ambrogino per Cini
La Boeri vince il premio di massima milanesità 2019. Tra femminismo architettonico e esistenziale e impegno politico
Alla fine non l’ha vinto Mahmood, l’Ambrogino d’oro, il premio di massima milanesità 2019, ma Cini Boeri (clap clap). Architetta, designer, una delle poche femmine in Italia (l’altra, Gae Aulenti, è morta nel 2012), inventrice tra le altre cose della “Ghost”, la celebre poltrona di cristallo curvato per Fiam (ma il compasso d’oro lo vinse per i divanoni componibili Strips di Arflex). Maria Cristina Mariani Dameno, detta “Cini”, o meglio “la Cini”, perché molto milanese, nelle sue case mette di default una doppia camera da letto per gli sposi, anche davanti alle proteste dei committenti, ha raccontato alla rivista Klat Magazine. Rivendicando un femminismo architettonico e esistenziale. “La Cini” fa infatti il Politecnico in anni in cui “l’architettura non è una cosa da donne”, come le dice il celebre architetto Giuseppe de Finetti; o, più brutalmente, perché “ci vogliono i coglioni”, come le dirà Marco Zanuso. Ma “la Cini” va avanti per la sua strada, fino a diventare massima designer-architetta femmina della sua generazione, insieme alla Gae. La Cini veniva da una mamma insegnante, il papà partigiano, amministratore della basilica di Sant’Ambrogio, e i due genitori le dicevano “Cini, i bambini!”, ma dei piccoli Boeri forse non si è mai occupata molto, la Cini, tra un divano e un bicchiere e un compasso (d’oro).
Nel frattempo sposava Renato Boeri, celebre neurologo, fondatore della Commissione nazionale laica di bioetica e soprattutto capo partigiano del gruppo Giustizia e Libertà (che poi un giorno si separerà scappando con un’altra icona milanese, la fotografa Grazia Neri, ma i rapporti resteranno sempre ottimi anche con i figli). “I bambini, Cini, i bambini”, le dicevano i genitori, ma oltre alla professione d’architetta c’era anche l’impegno politico mai mancato a casa Boeri; negli anni Ottanta furono tra i cento sostenitori del circolo Società civile di Nando dalla Chiesa. Con loro, un concentrato di milanesità creativo-giudiziaria: Giorgio Bocca, Ilda Boccassini, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Krizia, Livia Pomodoro. Ma prima ancora, casa Boeri in Sant’Ambrogio è sempre stata un centro dell’intellighenzia milanese. Lì, una delle produzioni più pregiate della Cini, i figli, i Boeri: Sandro, Stefano e Tito. Il più grande è anche il più defilato: Sandro, nato nel 1950, oggi in pensione, è stato direttore di Focus, un po’ l’inventore della divulgazione giornalistico-scientifica in Italia. Stefano, archistar con l’ossessione della politica, nato nel 1956, presidente della Triennale di Milano; e Tito, (1958), il più giovane, l’economista di casa, il più mediatico presidente dell’Inps che la patria abbia mai avuto.