Fuga dalla metropoli: tutti si interrogano su come sarà il “dopo”, varie ed eterogenee task force antivirus vedono al lavoro le professionalità più fantasiose (ma rigorosamente niente architetti). Dopo l’intervista a Stefano Boeri qui sul Foglio, e poi su Repubblica, e poi quella a Fuksas, vien fuori un tema un po' generale: si è tutti un po' tentati dalla fuga in campagna, è tutta una rivalutazione della “dispersione” e delle “aree interne”. Ma allora perché non parlare proprio con chi le ha inventate o almeno battezzate, queste benedette aree interne? Mario Cucinella è un’archistar sui generis, se ne sta appartato sui colli bolognesi, non va in tv, però ha curriculum bestiale, e alla Biennale del 2018 il padiglione Italia da lui ideato delle aree interne era una celebrazione . “Se ne parla in maniera molto vaga, anche perché in Italia aree interne vuol dire tutto, dalle Dolomiti alla Barbagia”, dice Cucinella da San Lazzaro di Savena, location non cool, non da architetto (né metropoli né Toscana patrizia, insomma). “Che vuole, son venuto qui dopo dieci anni di Parigi, e dopo tre giorni il fruttivendolo mi riconosceva per nome”. E’ il bello delle aree interne: “In Italia negli ultimi anni si è fatto un gran parlare di città metropolitana, una cosa che mi fa abbastanza ridere. Da noi infatti le metropoli non le abbiamo mai avute, ci sono due città grandi, certo, ma il nostro modello urbano non è quello. Lei sa che la città metropolitana di Torino ha 350 comuni, dentro c’è anche Bardonecchia. Ma secondo te uno di Bardonecchia si sente cittadino metropolitano di Torino?”.
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