(Courtesy MACRO —Museod’Arte Contemporanea di Roma)

Dopo il gatto di Romarama, il polipo del Macro

Michele Masneri

Altro mood, riferimenti occidentali e volontà di fare un museo contemporaneo vero nel nuovo sotto la direzione di Luca Lo Pinto

Dopo il gatto di Romarama (la nuova estate romana dell’èra Raggi) adesso arriva il polipo del Macro. Il tentacolare mollusco è infatti simbolo del nuovo corso del disgraziato museo aperto negli anni Duemila e perennemente in cerca di identità, nella sede disegnata da Odile Decq nelle ex birrerie Peroni. Dopo la fase “asilo” voluta dal poeta delle periferie Giorgio De Finis, venerdì ha riaperto al pubblico nella nuova versione supervisionata e diretta dal giovane nuovo direttore Luca Lo Pinto. Altro mood, diciamo: riferimenti occidentali e volontà di fare un museo contemporaneo vero, pur nell’economia dei mezzi; con occhio insieme molto internazionale e legato alla città. Pensato come un magazine, si chiama infatti “Editoriale” la mostra che accompagna il “Museo per l’Immaginazione preventiva” da oggi al 27 settembre.

 

Contenuti misti illustrati da Lo Pinto in conferenza stampa: gli zerbinoni lunghi venti metri di Nicole Wermers che riproducono una distesa di moquette da ufficio nelle più varie fogge; le bandiere di Pierre Bismuth, artista e regista, già sceneggiatore Oscar di “Eternal Sunshine of the Spotless Mind”, sovrapposte tra paese di partenza e paese di arrivo, i gonfiabili di Franco Mazzucchelli nel cortile, un documentario di Rossellini sul Beaubourg, “poche opere sparse a bassa intensità”, dice Lo Pinto accompagnando tra gli sterminai spazi del Macro; e ancora, lingottoni dorati del greco Andreas Angelidakis, che sono in realtà comode sedute smontabili e componibili, molto Superstudio; si è ispirato al proliferare dei compro-oro in Grecia dopo la crisi del 2008 (che presagi!); e poi slide dell’archivio fotografico di Marcello Salustri, fotoreporter del quotidiano romano Paese Sera attivo tra il 1950 e il 1960. Qui, 1.000 fotografie a rotazione perpetua su grande proiettore (comprese borgate romane, e arrivo di Stanlio e Olio alla stazione Termini). Giovanna Silva ha fotografato gli archivi del Macro medesimo, riprodotti in enormi gigantografie che ricoprono le pareti (tra cui un Francesco Clemente fotografato da Elisabetta Catalano e un De Chirico che cucina, in grembiule). Il titolo è un omaggio all’Ufficio per la Immaginazione Preventiva istituito nel 1973 da Carlo Maurizio Benveduti, Tullio Catalano e Franco Falasca, con l’obiettivo di produrre un’arte “capace di rivoluzionare la società”.

Di più su questi argomenti: