Terrazzo
Il boom delle aste online, grazie al Covid e alle polemiche
Boom di vendite durante il Covid. A farla da padrone il design. E tutto ciò che ha uno “storytelling”: gioielli, eredità contese, medaglie. Tutto tranne il comò della nonna
Se noi poveri ci siamo baloccati con Glovo e Amazon, i ricchi durante la pandemia hanno ordinato arte e design a domicilio.
Tra i più abbienti anche insospettabili è stato infatti tutto uno scambiarsi foto, “ho preso questo”, “non so dove metterlo ma mi piaceva”, “andrà bene per la casa di Capalbio?": Indicando vasi, foto, stampe, fotografie, litografie... Non sono solo i produttori di tamponi ad aver fatto fortuna in questi mesi: per le case d’asta è stato un periodo eccezionale. Specialmente per chi si è attrezzato col digitale. “Se nel 2019 la percentuale di chi comprava online era dell’11 per cento, nel 2020 è salita al 26 per cento”, dice al Foglio Benedetta Borghese, responsabile dell’ufficio di Roma di Pandolfini, storica casa d’aste.
Per loro, le case d’aste, l’online è una pacchia. Le commissioni sono le stesse delle vendite fisiche, ma senza tutta la messa in scena, “e senza dover stampare i cataloghi, che sono costosissimi”, dice al Foglio Davide Sestieri, di Sestieri e Briganti Art Consulting di Roma. Chiaramente è un altro mercato: a passare di mano non sono stati Canaletto e Picasso ma soprattutto oggetti “minori”, con un pubblico anche cambiato. Più giovane, soprattutto; tutto un mondo che non ha mai messo piede a un'asta tradizionale adesso si appassiona. Compra. O anche solo guarda.
“A farla da padrone è il design”, dice al Foglio Carlo Orsi, re degli antiquari milanesi. “Abbiamo assistito a un cambiamento generale del gusto. Il classico comò antico che era il non plus ultra nelle case delle nostre nonne o mamme, il simbolo del benessere fino a 20-25 anni fa, non lo vuole più nessuno”, dice Orsi. “Perché sono le stesse case ad essere cambiate molto. Nel settore dell’antiquariato c’è stata una corsa alla qualità, per cui chi può si compra un pezzo antico di grandissimo valore, ma uno solo. Che mischierà poi a pezzi moderni, mobili di design, quadri contemporanei, in case più piccole e meno cariche rispetto al passato".
Messo da parte l’antiquariato diciamo mainstream, a dominare il mercato è appunto il design, per cui chi si trovasse in casa un mobiletto di plastica di Joe Colombo degli anni Settanta sarà più fortunato di chi conservava controvoglia il tavolo fratino ereditato dagli avi e sempre detestato, ma subìto come presunto bene-rifugio.
“Oltretutto il design è un settore in cui tutto è certificato e non serve particolare esperienza”, dice sempre Orsi, insomma uno è difficile che trovi il falso. E così oggi gli esperti delle case d'asta battono case e uffici non in cerca del trumeauncino da architetto Melandri di “Amici miei”, bensì della poltroncina di resina possibilmente ingiallita (il top è Gio Ponti, poi a scendere Sottsass, ma ci sono nicchie per appassionati: i mobili di ferro disegnati da Bbpr per Olivetti; i tavoli di Osvaldo Borsani, i vasi di Gariboldi… giù giù fino ai mobili Ikea “vintage” anni Sessanta che sono in vendita su marketplace come Pamono o 1stDibs, per collezionismi tutti nuovi e democratici...). E i più furbi: cercate su Facebook Marketplace!
Ognuno trova la sua nicchia. “In generale tira di più tutto ciò che è legato a una storia o a un nome”, dice sempre Borghese. “Per esempio gioielli, un altro settore che sta andando molto bene”. Ed ecco l’asta di preziosi appartenuti a Marina Ripa di Meana, che proprio Pandolfini ha in programma per il 23 giugno. Asta ibrida, fisica ma con catalogo online, e “spinoff” di magnifiche fotografie di Marina fatte da Franco Angeli, artista della scuola di piazza del Popolo con cui vissero scapestrate avventure amorose, e dei due insieme ad altre celebrità, in quel ménage leggendario (come quella sopra che raffigura Angeli con Isabella Rossellini).
Sarà così possibile sognare di aver vissuto quella Roma lì, tra cocaina, risse e contesse, con prezzi tutto sommato economici: certamente alla portata di un pubblico che non è quello che magari va da Christie’s o Sotheby’s munito di paletta e conto aperto. Una foto di 30x40 centimetri ha base d’asta di 200 euro – anche se poi in genere il prezzo sale molto, perché soprattutto online uno si fa prendere dal meccanismo, magari in una notte insonne di coprifuoco. E' la “gamification” dell’asta. “Ormai ci sono app specifiche, con cui basta spostare un dito e si fa un’offerta”, dice ancora Sestieri. L’asta online diventa un po’ un videogioco e un po’ un social. “Un nostro affezionato cliente mi ha chiamato poco fa perché involontariamente aveva fatto un’offerta con molti zeri per un oggetto, inavvertitamente”, dice Sestieri. "Siamo riusciti a farla annullare".
"Le single owner auctions, quelle cioè in cui si vende la collezione di un solo proprietario, possibilmente celebre, ci sono sempre state in Gran Bretagna, ma ora stanno crescendo anche da noi", dice sempre Sestieri. Certo poche raggiungono vette come quella che mise in vendita l'intera collezione d'arte di Yves Saint Laurent del 2009, che fruttò l'incredibile cifra di 370 milioni di euro", e annunciò ufficialmente al mondo che la crisi dei subprime era finita. E gli stilisti sono i soggetti perfetti: riccanza perfetta per far immedesimare anche chi poi comprerà magari solo un posacenere.
Ma non ci sono solo loro. Così al momento Phillips, storica casa d’aste londinese, mette in vendita un quadro dipinto da Winston Churchill di proprietà della famiglia Onassis, e impacchetta il tutto con un bellissimo racconto anche fotografico del “Christina”, il leggendario panfilo su cui il primo ministro inglese volentieri soggiornava, e nel cui salone principale sarebbe stato appeso (l'avrebbe regalato a Onassis Churchill nel '61, riconoscente per le sfrenate crociere). Una gran storia, chissà se è vera (ma perché rovinarla con la verità): intanto il prezzo risente dello storytelling: stima: da 1,5 a 2 milioni di dollari per un dipinto impressionista altrimenti un po’ Teomondo Scrofalo.
Il bello di queste aste un po’ voyeuristiche è che fanno sognare, e fanno spiare (online) dal buco della serratura in altri mondi, defunti e fascinosi. Per rimanere sul local, ultimamente ecco aste per esempio delle collezioni di Philippe Daverio, critico e divulgatore, presso la casa d’aste Il Ponte di Milano. E attualmente in corso presso “Bertolami Fine Arts” di Roma c’è quella di Maria Pia Fanfani, in cui sono in vendita (anche online) non solo abiti, scarpe, mobili, ma anche valigie, borse, e soprattutto una sterminato bric-à-brac che racconta un pezzo di storia della sartoria ma anche della Prima repubblica: onorificenze dei più svariati ordini ricevute nelle visite di Stato all’estero. Tante foto di reali con dedica: e ci si chiede chi possa mai comprarle (e soprattutto, poi, dove le si esibiranno).
Ci sono anche una valigetta Gucci anni Settanta, con iniziali della generalessa della Croce Rossa e seconda moglie di Amintore Fanfani, base d’asta 35, attualmente a 40 euro. Una foto autografa di Aldo Moro con dedica, base d’asta 200, sta solo a 220 euro. E poi appunto medaglie, fasce, tante foto dei Papi, una di Imelda Marcos, senza dedica, con cornice però di madreperla, base d’asta 100 euro, per il momento non ha ancora offerte.
"Alcune aste poi risentono delle polemiche che involontariamente generano", dice ancora Sestieri. Così quella di Maria Pia Fanfani, e quella di Marina Ripa, hanno poi avuto grande pubblicità per le proteste degli eredi. Infatti da una parte i figli di Fanfani non son per niente contenti. "Giù le mani da mio padre” ha detto Giorgio Fanfani all’AdnKronos. “Chiedo, anche a nome dei miei fratelli e sorelle, di rettificare il titolo dell’asta. Non si tratta, infatti, dell''eredità' di nostro padre, semmai della seconda moglie, Maria Pia Tavazzani. Mio padre abitò solo poche ore prima di morire l'appartamento da cui provengono le centinaia di opere in vendita. La casa di famiglia fu distrutta infatti da un incendio nel 1999". E poi conclude, “vorrei ricordare che nessuno, proprio nessuno dei figli di Amintore Fanfani sta vendendo qualcosa. L'unica eredità che ci ha lasciati nostro padre è morale".
Insomma, più che un’asta, un garage-sale magari non molto rispettoso di memorie… E un altro erede minaccia sfracelli. "Sono fuori di me", ha detto ai giornali Andrea Ripa di Meana Cardella, l’ex assistente poi adottato dalla coppia. "Quelli sono i gioielli a cui Marina teneva più di tutto, mai e poi mai li avrebbe dati all'asta, erano gioielli di famiglia, voleva rimanessero alla famiglia. C'è in particolare un anello che mai avrebbe venduto”.
Questa volta la polemica è con la figlia naturale, Lucrezia Lante della Rovere. “Mette all'asta per poche centinaia di euro gioielli costati milioni?". E giù altro veleno. "Vuole togliere completamente di mezzo anche il ricordo della madre”, dice il figlio maschio. “Ha ancora le ceneri in un angolo della cucina, quando Marina voleva fossero disperse in mare. L'ultima persona che Marina ha voluto accanto prima di morire sono stato io, non è stata la figlia. Sono certo che Marina non avrebbe mai venduto quei gioielli che erano regali di Carlo, miei e di altre persone. In questi 43 lotti - spiega Andrea - ci sono molti oggetti che non sono di Marina, "non so se chi organizza l'asta ne sia a conoscenza". Quindi giù polemiche, veleni, sospetti. Che, prevedibilmente, faranno ulteriormente salire i prezzi, e renderanno ancora più orgogliosi gli acquirenti di quei monili. E di quelle storie.