Raffaello in posa da Palladio
In mostra a Vicenza quindici fotografie di Stefano Graziani
Con un leggero ritardo dovuto al Covid, ha aperto la mostra di Stefano Graziani “Documenti su Raffaello”, a cura di Francesco Zanot, presso il Museo Palladio a Vicenza che chiude così le celebrazioni per i cinquecento anni dalla morte del maestro urbinate – fino al 20 febbraio 2022, catalogo in italiano e inglese pubblicato da Mousse publishing, 27. In una grande stanza angolare del piano nobile di palazzo Barbaran da Porto (l’unico a essere stato integralmente realizzato da Palladio) sono esposte quindici fotografie di grande formato tra i riquadri delle decorazioni d’epoca con un effetto Wunderkammer. Sono state realizzate nel 2020 nella “Raphael Court” e nel gabinetto disegni e stampe del Victoria and Albert Museum, alla Galleria Nazionale delle Marche e all’Isia di Urbino, in Palazzo Ducale a Mantova, nella Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, in Villa Madama, alle Stalle Chigi e negli spazi espositivi delle Scuderie del Quirinale a Roma, a San Pietro in Vaticano, a Trieste. Le foto alla fine della mostra entreranno a far parte della collazione del museo, che ospita mostre temporanee e attività regolari per le scuole oltre ai convegni palladiani internazionali. Nonostante la differenza geografica e anagrafica tra Palladio e Raffaello – il primo aveva dodici anni quando il secondo morì – si tratta di due giganti dell’arte che hanno sempre teso verso la perfezione. Se però il maestro veneto ha avuto un’enorme fortuna postuma specie in ambito anglosassone, l’opera architettonica dell’urbinate è rimasta a lungo nell’ombra sovrastata da quella pittorica. Come ricorda Guido Beltramini, direttore del museo e del centro Studi, solo la grande mostra romana del 1984 “diede corpo a un fantasma” ovvero appunto a Raffaello architetto, “All’ossatura degli ordini messa a punto da Bramante, Raffaello aggiunse la pelle e i nervi aggiungendo il trattamento delle superfici”. “Nell’investigare la capacità trasformativa della fotografia – scrive Zanot – Graziani evidenzia parallelamente la natura alterata dei suoi soggetti. In pratica, nessuno di loro corrisponde all’opera che era apparsa agli occhi di Raffaello… Restauri, ristrutturazioni, ricostruzioni, realizzazioni ex novo sulla base dei progetti originali segnano la distanza tra passato e presente”.