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Terrazzo

Il mondo di Franco Albini dentro una nuova Casa dedicata all'architetto

Enrico Ratto

L'inventore della scomposizione e ricomposizione si trova dentro la sintesi tra i suoi principi, propri della Fondazione a lui dedicata, e l'Academy, dove tutti i progetti sono rivolti al futuro e all'innovazione

I cinque princìpi di Franco Albini trovano casa nel nord della Sardegna, in Gallura, a due passi dal mare e circondati dalle cicale e dagli alberi che, anche da parte loro, finiscono sempre per insegnare qualcosa. E’ qui che sta nascendo Casa Albini – lavori completati in queste settimane, apertura nel 2023 – dove si assisterà alla sintesi tra le attività della Fondazione Albini, impegnata nella conservazione dell’archivio dell’architetto milanese, e la Albini Academy, dove invece lo sguardo è rivolto al futuro, attraverso la formazione intorno ai cinque punti del “metodo Albini”: scomporre, cercare l’essenza, ricomporre in forma nuova, verificare, agire per responsabilità sociale.

 

“Sono principi universali” ci spiega Paola Albini, presidente dalla Fondazione e ideatrice del progetto di Aglientu, paese di milleduecento abitanti tra i graniti della Gallura, “sono processi che ti portano a conoscere meglio l’esistente. Comporre in forma nuova, dopo aver scomposto, è la ricetta dell’innovazione, e non stiamo parlando solo di architettura o di progettazione di oggetti, ma è un’innovazione che riguarda tutti gli aspetti della nostra vita, qualsiasi sia il nostro mestiere. Il mio sogno è che da qui possano passare medici, scrittori, registi, architetti. Lo scopo è trovare momenti che favoriscano la condivisione”.

 

Casa Albini è uno “stazzo”, edificio tipico gallurese, un parallelepipedo con il tetto a falde, rivisitato dalla Albini Associati con una serie di terrazze per spezzare la rigidità dell’edificio. E poi ci sono le edizioni degli oggetti di Franco Albini, che le aziende hanno fornito per questo progetto, dove la firma dell’architetto si legge sui materiali che sempre hanno cercato un legame con la natura: il giunco della poltrona Luna (certo, oggi riprodotta in materiali resistenti anche all’esterno), la pietra, il vetro dello scrittoio per Knoll. “Dopo questi anni di isolamento forzato, l’abbiamo vissuta un po’ come una necessità”, racconta Paola Albini, “tornare a incontrarci, costruire un luogo dove vivere esperienze reali. Chi parteciperà all’Academy potrà sviluppare progetti per nuove parti dell’edificio, che magari potranno poi essere realizzate”.

 

Oltre alla necessità di ritrovarsi fisicamente insieme, sembra che la pandemia e tutta la tecnologia che si è portata dietro abbiano risvegliato la voglia del fare – anestetizzata dalle dosi quotidiane di Zoom – del progettare, dell’assistere a un’idea che prende forma. Sarebbe contento il nonno di questo progetto? chiediamo a Paola Albini. “Mio nonno era un milanese, ma era un milanese che adorava la natura, la montagna. Era un silenzioso, abbastanza solitario. Di recente abbiamo trovato molti rullini di filmati che aveva girato e in cui si fermava sui dettagli della roccia. Qui in Sardegna ritroviamo le stesse cose, ci sembra un po’ di vivere in un museo a cielo aperto, ci sono gli alberi, ci sono  i graniti che sono sculture naturali. Ma il bello è che tutto questo mica è stato di ispirazione solo per Franco Albini. Tutti gli esseri umani, quando hanno progettato anche la più piccola cosa, e anche inconsapevolmente, si sono ispirati alla natura”.

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