Terrazzo

I follower della metropolitana

Enrico Ratto

Storia della mappa della metro di New York, disegnata da Massimo Vignelli. bocciata e ora diventata oggetto di discussione su Instagram

Come tutti i prodotti del design – apparentemente – anonimo che influenza le nostre vite, anche le mappe della metropolitana hanno una storia, una firma che conoscono in pochi e qualche mistero. Per fortuna c’è Instagram, dove ogni giorno ricercatori e collezionisti ricostruiscono le storie di questi oggetti nati spesso dall’incontro tra un designer  visionario e un comitato pubblico restio ai cambiamenti e che, dopo essersi consumati negli zaini dei turisti, vivono una seconda vita su eBay o, le più riuscite, al MoMA.

Famosa è la mappa della metropolitana di New York di Massimo Vignelli, storia di una felicissima sconfitta – mappa diagrammatica e non geografica, Central Park che diventa un quadrato in nome della chiarezza, bocciata dai newyorkesi ma monumento all’usabilità per i designer – è oggi oggetto di discussione social per studiosi come Peter B. Lloyd. Inglese di Oxford, ogni mattina pubblica sul suo Instagram un nuovo tassello di questa vicenda. Ha girato mezzo mondo per unire i puntini della storia, dal Transit Museum di Brooklyn alle biblioteche di Los Angeles, poi ha riversato tutto su Instagram e si sono aperte discussioni su angoli a quarantacinque e novanta gradi, sull’utilizzo dei colori, sui simboli scelti per le stazioni di interscambio nel 1954 e nel 1978, e molto altro come possiamo immaginare.

 

Per Peter B. Lloyd e i suoi followers la mappa della metropolitana di New York è un giallo, un mistero. La missione: ricostruire la mappa della mappa. Così, dopo qualche mese in cui ci scambiamo solo like, decidiamo di conoscerci su Whatsapp. E’ necessaria una spiegazione, non è possibile che sia solo un fatto di diagrammi, la mappa della metropolitana di Londra è diagrammatica dal 1932 e agli inglesi piace: qual è la vera ragione per cui il progetto di Vignelli è stato bocciato? “E’ stata una pura questione di potere” risponde Peter Lloyd. “A John Tauranac, il presidente del comitato della New York Metropolitan Transit Authority, quella mappa non è piaciuta. Sai che cosa è davvero triste? Che le persone non possano scegliere la loro mappa della metropolitana, non succede come con un dentifricio. La mappa è un oggetto imposto dall’alto, entri nella metropolitana e puoi prendere solo quella. E’ chi gestisce il trasporto pubblico a decidere”. Insomma, il ricercatore di Oxford è convinto che la mappa di quelle stazioni non sia l’oggetto neutrale che immaginiamo, ma uno strumento che può orientare l’economia di una città. “Certo!”, esclama, “negli anni 70, la città di New York era quasi in bancarotta, il sistema della metropolitana stava finendo i soldi, i treni erano rotti, sporchi e puzzolenti, non li voleva prendere nessuno. Così, nel 1974, la politica ha creato una guida su come esplorare New York usando la metropolitana. Sono state lanciate costosissime campagne pubblicitarie. E’ ovvio che se la mappa non avesse rispecchiato la geografia della città, che senso aveva fare tutto questo?”.

Vignelli voleva una mappa usabile, non doveva servire per orientarsi davvero in città, serviva per andare da A a B sotto terra, ma durante un famoso dibattito pubblico urbanisti, psicologi e gente comune gli hanno di no. “La verità è che a quel comitato interessava solo vendere New York. Lo sappiamo, per capire come funzionano le cose, devi sempre seguire i soldi”. In effetti, è a questo che servono le mappe.

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