Terrazzo
L'ala della discordia architettonica. Non c'è pace per la National Gallery
Il famoso museo di Londra ha deciso di cambiare il suo ingresso principale, puntanto su quello fino a oggi laterale della Sainsbury, e ha incaricato per questo Annabelle Selldorf. L'architetta tedesca di stanza a New York è autrice di progetti algidi che i maligni definiscono “da aeroporto”
Non c’è pace per Trafalgar Square, non solo per i girasoli di Van Gogh imbrattati dalla zuppa di pomodori (ma c’era il vetro): da quarant’anni la piazza più celebre di Londra è arena di scontro fra architetti, storici dell’arte, lord e principi. Dopo la pedonalizzazione per la quale si era battuto Richard Rogers negli anni 80, il progetto modernista di ampliamento della National Gallery vinto dallo studio di Ahrends Burton & Koralek venne affossato dopo l’intervista dell’ex principe Carlo che lo definì “un brufolo sul volto di un vecchio e caro amico”. Seguì un nuovo incarico allo studio di Filadelfia Venturi & Scott Brown che nel 1991 aggiunse la Sainsbury Wing, ampliamento in continuità stilistica – stessa pietra grigia, stesse paraste dell’edificio neoclassico originale di William Wilkinson – ma con un tocco manierista sia all’esterno, vedi l’aritmia delle paraste, sia all’interno, con paffute colonne e ampio uso del colore.
Ora, sebbene nel ’91 Venturi vinse il Pritzker Prize, a trent’anni di distanza il progetto sta per essere manomesso, con grande scorno della coautrice e moglie Denise Scott Brown che ha appena compiuto novantun anni (auguri) e di molti altri. Il museo infatti ha deciso di utilizzare l’ingresso della Sainsbury che sarebbe un ingresso laterale, come nuovo ingresso principale e ha incaricato per questo Annabelle Selldorf di ripensarlo.
L’architetta tedesca di stanza a New York, che ha di recente firmato anche l’ampliamento della Frick Collection, è autrice di progetti algidi che i maligni definiscono “da aeroporto” tanto che Sean Griffiths, professore alla University of Westminster, e altri critici come Rowan Moore dell’Observer concordano sul fatto che sia in netto contrasto e perciò un atto di vandalismo contro il frizzante postmodernismo di Venturi&Scott Brown. C’è un fresco precedente, il Museum of Contemporary Art di San Diego del 1996 dove l’ingresso porticato con bianche colonne cicciotte è stato demolito per permettere un ampliamento firmato guarda caso sempre dalla Selldorf nonostante la vana levata di scudi di Robert A. M. Stern, Terry Farrell e Charles Jencks.
E’ infatti paradossale che il postmoderno, che ha un significato vago e ambiguo in ogni ambito tranne che in architettura, venga demolito o manomesso proprio nel momento in cui è ampiamente rivalutato da molte storiche dell’architettura, basti vedere il libro fresco di stampa curato da Frida Grahn, Denise Scott Brown In Other Eyes: Portraits of an Architect (Birkhauser) o quello in uscita di Silvia Micheli e Léa-Catherine Szacka, Paolo Portoghesi: Architecture between History, Politics and Media (Bloomsbury).
L’Italia è coinvolta, anche se solo sullo fondo, perché la Sainsbury è piena zeppa di opere che vengono dallo stivale (da Verrocchio a Crivelli, da Masaccio a Botticelli), perché sia l’italoamericano Venturi sia la sudafricana Scott Brown sono legatissimi al nostro paese e perché l’attuale direttore della National Gallery è un inglese nato a Londra che però si chiama Gabriele Finaldi.