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Ico Parisi ritrovato a Como

Giacomo Giossi

Allievo di Terragni, è stato uno dei più raffinati ed eclettici designer del dopoguerra. Una mostra nel seicentesco Palazzo Volpi della Pinacoteca Civica, fino al 28 maggio

Inaugurata il 22 dicembre nel seicentesco Palazzo Volpi della Pinacoteca Civica di Como e visitabile fino al 28 maggio, Universo Parisi. I vetri e le ceramiche di Ico e Luisa è un’ottima occasione per tornare a gettare uno sguardo attento sui lavori forse meno conosciuti del grande architetto e designer che  a Como diede forma, è  proprio il caso di dire, alla sua vita. Allievo di Giuseppe Terragni, nato a Palermo, ma comasco di adozione, Ico Parisi oltre che uno dei più raffinati ed eclettici interpreti del design italiano del secondo dopoguerra è forse anche colui che con più cura e attenzione si dedicò attraverso il suo lavoro all’elaborazione dei significati che il razionalismo italiano aveva prodotto. 

 
Attento a quella forma di trasmissione del sapere che da maestro ad allievo deve creare originalità e non sudditanza, Ico Parisi fu al centro della vita artistica e culturale del secondo Novecento, pur restando mondanamente appartato: esserci dunque senza apparire. Curata da Roberta Lietti che già nel 2017 ha pubblicato per Silvana editoriale il magnifico e imponente catalogo ragionato Ico Parisi Design 1936-1960 (oltre seicento pagine), l’esposizione comasca si fa forza di un centinaio di oggetti e complementi d’arredo che rappresentano l’essenza del pensiero progettuale di Parisi. Grande merito però di Universo Parisi è anche la riscoperta di Luisa Aiani (la cui vita varrebbe senza ombra di dubbio una serie Netflix) che fu parte fondamentale e paritaria di una visione progettuale comune con il marito Ico, rarissima per intesa ed efficacia. Se insieme realizzarono molti degli arredi, fu la particolare capacità di visione nella promozione e commercializzazione dei prodotti di Luisa Aiani a determinarne il successo. 

 
La mostra presenta così un doppio connubio, quello mimetico e di straordinario amore che legò Luisa e Ico e quello più materico che vede l’accostamento, non banale, dei vetri con le ceramiche. Frutto di collaborazioni che a partire dagli anni Sessanta i Parisi ebbero con i maestri vetrai muranesi della vetreria d’arte Barovier&Toso – basti pensare agli iconici secchielli in vetro, una serie denominata, “cachepot Luisa” – e con la manifattura di ceramica artistica Zanolli&Sebellin, grazie in particolare all’intuito dell’artista Pompeo Pianezzola allora art director dell’azienda di Nove in provincia di Vicenza. Come sempre ogni oggetto di Parisi rappresenta la sintesi di un mondo relazionale capace di toccare ambiti spesso lontani tra loro. Ogni lavoro di Ico e Luisa è infatti il frutto di uno scambio continuo che dalla coppia si espande agli amici architetti, artisti e artigiani. Un pensiero che attraversa territori e sensibilità e che trovava visione plastica proprio nella casa dei Parisi a cui Famino Gualdoni dedicò un libro fondamentale per comprenderne la grandezza. E non a caso da quella casa arrivano i ritratti fotografici di Ico e Luisa testimonianza di un mondo passato essenziale per illuminare la nostra non sempre luminosa contemporaneità.