Terrazzo
Maledetti architetti scrittori. Una mostra sulla parola di Ettore Sottsass
L'esposizione sul verbo del famoso designer. Non ci sono librerie, né macchine da scrivere o calcolatrici. Solo vocaboli, in un lavoro che è un po' Sun Tzu, un po' George Harrison e un po' Baci Perugina
L’altro giorno la madre di Elon Musk era in Duomo a presentare il suo ultimo libro. Nessun dubbio che il volume più discusso del 2023 sia l’autobio del duca di Sussex. E poi Brian Johnson, Gigi Riva, Valerio Lundini, Zeman, Santo Versace, Marracash, tutti in uscita. L’anno scorso super-Hollywood e passerelle, con le vetrine piene di copertine coi faccioni di Matthew McConaughey, Cameron Diaz, Demi Moore, Cara Delevingne, Gisele Bündchen, Rose McGowan, Emily Ratajkowski e il Chandler di Friends, Matthew Perry.
Tutti un po’ bio, un po’ cura del corpo e della mente, un po’ Babylon un po’ self-help post dipendenze, attacchi di panico glam e “accettare l’invecchiamento”. Ma anche le poesie della fidanzata di Damiano dei Maneskin. L’Italia appunto, come si dice sempre, fino alla nausea, è un paese in cui ci sono più scrittori che lettori (i lettori italiani sono, poi, soprattutto lettrici). Ma perché tutti scrivono? Da una parte c’è l’editoria, che vivendo una perenne crisi ha costante bisogno di nuove galline dalle uova d’oro, nuovi fenomeni, nuove donne barbute, nuove influencer; gli editor sono sempre alla ricerca di un nuovo Le barzellette di Totti per far fare un po’ di cash a Mondadori in modo che poi la casa editrice faccia, in perdita, i libri di poesia (non della fidanzata di Damiano dei Maneskin).
Dall’altra parte c’è un elemento conservativo, si continua a eleggere l’oggetto-libro come vero documento di status, elevazione tramite il proprio nome sulla copertina. Tra le varie categorie c’è quella dei libri di architetti. L’architetto, mestiere in bilico tra l’ingegnere e l’umanista, è chiamato spesso a dire la sua come profeta. Costruire edifici e abitazioni vuol dire sapere come cambierà la società, e la socialità. Gli spazi dell’abitare come specchio dell’avvenire. I libretti tanto instagrammabili di Ettore Sottsass usciti per Adelphi sono solo la punta dell’iceberg.
Due anni fa Renzo Piano, insieme al figlio Carlo, ha scritto un libro per bambini Alla ricerca di Atlantide. Viaggio nell’architettura per ragazzi sognatori. “Nonno Renzo e la nipotina Elsa partono da Genova, dove è stato appena inaugurato il nuovo Ponte San Giorgio, sorvolano l’aeroporto di Osaka, l’isola che non c’era, si arrampicano sullo Shard, il grattacielo sul Tamigi che sfuma fino a 400 metri di altezza, e infine approdano a Itaca, meta di ogni ritorno”, dice la quarta. Esiste anche la versione per adulti, sempre del duo padre-figlio. Per tornare a Sottsass, e agli architetti che scrivono, ci mancava una mostra non dedicata alle sue spettacolari librerie Carlton o Suvretta, non alle sue bellissime macchine da scrivere e calcolatrici per l’Olivetti, non alle sue foto dal finestrino, e nemmeno a quelle interessantissime case tra Marina di Massa, Maui e Zurigo, ma una mostra dedicata alla parola. Ettore Sottsass. La Parola, ha aperto in Triennale il 20 gennaio. Non ci sono oggetti. Solo parole. Un po’ Sun Tzu, un po’ George Harrison, un po’ Baci Perugina. What’s next? Una mostra solo sui pensieri di Sottsass, con le pareti vuote, i pensieri te li devi immaginare.