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Brutalismi appenninici. Il Gruppo Marche fece ospedali, scuole, uffici e chiese
Paolo Castelli da Camerino e Luigi Cristini da San Severino; il primo vicino al Psdi e pittore, il secondo democristiano scultore e motociclista, scelsero Macerata come sede dello studio che voleva modernizzare la regione e il mestiere attraverso il beton brut
Dopo la mostra del MoMA sull’architettura jugoslava del 2019 escono a pioggia guide e monografie sul brutalismo. Opere additate come mostruose negli anni Sessanta e Settanta sono state ampiamente rivalutate come il complesso del Barbican Centre progettato dal poco noto studio Chamberlin, Powell & Bon, inaugurato nel 1981 e votato vent’anni dopo come il più brutto edificio di Londra – oggi ci abitano soprattutto esponenti della creative class e i pensosi PhD dell’Ivy League in residenza temporanea.
In Italia, a parte qualche rudere come l’Istituto Marchiondi milanese di Vittoriano Viganò, la casa sperimentale di Giuseppe Perugini a Fregene (ora in restauro) e alcune opere minori di Giancarlo De Carlo, Marco Zanuso, Aldo Loris Rossi, Gino Valle, Leonardo Ricci, ci sono anche varie chiese. Stranota è quella neoespressionista sull’autostrada fiorentina di Giovanni Michelucci, mentre restano ignote quelle sull’Appennino centrale opera di professionisti ieri in ombra e oggi riscoperti.
Vincenzo Monaco, autore insieme ad Amedeo Luccichenti di molte mirabili palazzine romane, dopo la morte del socio nel 1963 e prima della sua nel 1969 costruì una Madonna delle Nevi a Roccaraso, in Abruzzo, chiaramente influenzato da Ronchamp di Le Corbusier, la fonte primigenia di tutto il brutalismo internazionale. Se Monaco e Luccichenti sono oggi sugli scudi grazie anche alla mostra in corso al MAXXI, “Architetture a regola d’arte” a cura di Luca Galofaro, il Gruppo Marche invece ancora attende una rivalutazione complessiva anche se un loro progetto compare nell’ultimo numero della rivista veneziana “Vesper”.
Nato alla fine degli anni Sessanta dal connubio di due personalità molto diverse caratterialmente, il Gruppo Marche infilò una serie di opere brutaliste sparse per questa regione periferica e per questo più avvezza alla sperimentazione. I fondatori erano Paolo Castelli da Camerino, studente a Roma con Zevi e Quaroni, e Luigi Cristini da San Severino Marche, studente a Firenze con Libera e Morandi; il primo vicino al Psdi e pittore, il secondo democristiano scultore e motociclista, insieme scelsero Macerata come sede dello studio che voleva modernizzare non solo la propria regione ma pure il proprio mestiere attraverso il beton brut. Ospedali, scuole, uffici e anche chiese, da rinnovare sull’onda del Concilio Vaticano II con un occhio a Frank Lloyd Wright e l’altro al Team 10.
La Madonna delle Nevi di Sassotetto del 1969, frazione di Sarnano, è omonima e coeva di quella di Monaco, ma diversa. Non è un edificio alla ricerca di effetti plastici come a Roccaraso, ma gioca con la topografia ed è più moderno perché zevianamente asimmetrico volendo essere osservata di sguincio, dal ponte stradale e dagli sciatori della nuova classe media vestita con nuovi materiali sportivi (plastica, gore tex, eccetera) prodotti nei distretti veneti, ultimi fuochi dell’Italia del boom.