I Beatles in una foto del 1964 (William Lovelace / Getty Images)

Terrazzo

Il ciclone Paul McCartney e la sua macchina fotografica in un libro

Giacomo Giossi

Un reportage sulla prima trionfale tournée mondiale dei Beatles: il momento magico che cambierà la vita a quattro ragazzi di Liverpool e a un’intera generazione. Il volume edito da "La nave di Teseo" con gli scatti del bassista dei Fab Four

Nel 1962 Paul e John fanno gli autostoppisti direzione Parigi, visitano la capitale francese come semplici turisti, giovani beat alla scoperta del mondo partendo da Liverpool. Sarà la loro ultima volta da uomini liberi, prima di diventare per sempre tra le icone fondanti della cultura occidentale del secondo Novecento, ovvero due dei quattro componenti dei Beatles. È proprio il caso di dire che per loro (e per chiunque altro, seppur meno intensamente) nulla fu più come prima. Ed è direttamente dal 1964, dalla prima trionfale tournée mondiale dei Beatles che riporterà John e Paul da vere proprie star a Parigi direzione Stati Uniti, che ritornano alla luce, come dal classico baule impolverato, alcuni scatti, o meglio un vero proprio reportage, fatto di prima mano da Paul McCartney.

 

Un documento in presa diretta eccezionale di quel momento magico e irripetibile tanto da cambiare la vita a quattro ragazzi di Liverpool e a una generazione (e a molte altre ancora di successive, in quella evoluzione che dalla rivolta porta direttamente ai classici). Paul McCartney era un fotografo dilettante, ma per certi versi era anche un musicista dilettante e bisogna dire che gli scatti ora contenuti nel bellissimo volume pubblicato da La nave di Teseo, “1964. Gli occhi del ciclone” vanno ben oltre la semplice documentazione impressionistica di un momento, ma raccontano lo sguardo di uno dei più grandi artisti del secolo nel momento in cui entra in contatto con quella che è la società dell’immagine di cui lui diverrà un’icona assoluta insieme a John, George e Ringo. Per lo più ritratti, le foto di McCartney ritraggono i momenti di pausa da quello che ha tutti i toni di un perenne on stage assolutamente irripetibile oggi per numeri e concezione. Da una parte un mondo che ha ancora nella moda, negli oggetti e negli atteggiamenti il sapore dolente e austero del dopoguerra, dall’altra i Beatles stessi, protagonisti di una mutazione che da loro rifrange in tutto il mondo con una forza giovanile che mai più l’occidente conoscerà. Tra i più presenti (forse perché più disponibile) Ringo Star, incapace al tempo stesso di mettersi in posa così come di “essere naturale”, come Paul gli richiede. Tra i meno presenti (forse perché meno disponibile) George Harrison che solo raramente, addirittura in un solo scatto, offre un sorriso pieno.

 

John Lennon invece sembra aver già assorbito la forza dell’icona e ogni suo sguardo, ogni sua posa è già perfettamente aderente all’immaginario che porterà tutti e quattro a una stato di presenza permanente, oltre la memoria e la nostalgia. Colpiscono le ultime immagini a colori, forse le più belle di questo vero e proprio album di famiglia del Novecento. Non un inno alla giovinezza, non il ricordo di quel tempo, o almeno non solo. Ma la bellezza ingenua di uno sguardo nuovo sul mondo, una capacità di vedere le cose (e se stessi) oggi apparentemente perduta. I motivi inutile elencarli, resta però lo spazio di un godimento raro e assoluto come questo libro, capace di riportare nelle vene il senso e il bisogno di una libertà non scontata, non prevista e assolutamente felice. 

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