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Apericena con gli etruschi
I gioielli della Fondazione Rovati per la mostra di Andrea Aprea "Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda" che andrà avanti fino a marzo 2024
Il food, come lo chiamano qui, deve accompagnare tutto il resto che rende Milano così attraente. Al Mudec c’è lo stellato Bartolini, da Prada c’è la Torre – piccione al mais coi fichi sotto un Fontana – alla Rovati c’è Andrea Aprea. Il bistrot al piano terra è già famoso per il suo club sandwich cubico da 26 euro. Ogni occasione è buona per un bistrot (anche Cucchi, adesso, lo diventa; rivolta social degli aficionados). Ma oltre che per mangiare, alla fondazione Rovati in corso Venezia ci si va per vedere un piuttosto inedito (in Italia) incontro costante tra arte contemporanea e archeologia, Giacometti e cippi funerari, disegnoni di bestie mitologiche di Luigi Ontani e iscrizioni etrusche, Paolini e teste ex-voto in ceramica policroma, disegni di Warhol e sciure chic. E siccome a Roma è rimasto solo Carlo Calenda ad apprezzare l’antichità, i vasi di Villa Giulia scappano anche loro a Milano per esser inseriti nelle vetrine triangolari ben illuminate da vera capitale del design, tra le pareti in pietra fiorentina delle sale ipogee progettate da Cucinella.
La fondazione sta ospitando diversi manufatti per la mostra “Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda”, che andrà avanti fino a marzo. Dionisi, menadi, satiri, ninfe, donne che cavalcano tori, delfini, uccelli, uomini nudi, amorini. Un vaso importato da Sparta con decorazioni vegetali grande status-symbol quando tutti in casa avevano al massimo roba attica. Un grande scudo tondo di bronzo parte di un corredo funerario (gli etruschi amavano i funerali). Un calice – il calice Castellani – che imita le coppe di bucchero con figure femminili piangenti, fatto a Cerveteri. Un vaso con decorazioni a bassorilievo su ceramica con la battaglia delle amazzoni. Anfore per la conservazione del vino comprate in Magna Grecia. Un beauty case del VI secolo a.C., tipico regalo della madre etrusca alla figlia nel giorno del matrimonio, come ci spiega il direttore del museo di Villa Giulia, che ha la suoneria di Indiana Jones. E poi gioielli, antichi, messi vicini a quelli della manifattura ottocentesca dei Castellani. Perché la famiglia la sua fortuna la fece disegnando ori che riprendevano lo stile dell’antichità, con richiami classici, imperiali e orientaleggianti, molto apprezzati dall’aristocrazia europea, anche da Napoleone III. E diventarono collezionisti con il successo, iniziando a comprare quelle stesse opere che avevano dato ispirazione al loro business di gioiellieri. Alcune delle collane e degli orecchini e dei bracciali dei Castellani furono rubati a Roma la notte di Pasqua del 2013. Un furto su commissione su volere di una donna russa. Molto Lupin, o Occhi di gatto. Recuperati, ora sono in corso Venezia a fare da specchio all’artigianato – cioè design, perché siamo a Milano – degli antichi italici.