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Terrazzo

L'architetto e la riunione di condominio

Christian De Iuliis

E' il principale ostacolo per chi deve progettare, una battaglia durissima dalla quale è difficile, quasi impossibile, uscire vincitori. L'unica strategia efficace è fare amicizia con l’amministratore. E corromperlo

Alcune invenzioni che si proponevano di migliorare l’esistenza degli esseri umani, l’hanno di molto peggiorata. I casi più eclatanti sono Facebook e il condominio. E, purtroppo, la maggior parte delle volte, l’architetto deve combattere proprio contro il condominio. Gli antichi romani, compreso il pericolo, si erano guardati bene dall’inventare edifici a più livelli orizzontali. Ed ovviamente pure le scale interne e figuriamoci l’ascensore. Fino al primo codice del  Regno d’Italia (1865), le controversie condominiali venivano regolate attraverso civilissimi duelli condotti con armi da taglio prima e da fuoco poi. Ma si poteva ricorrere anche al primitivo metodo di “menare le mani”, come ancora accade in periferie anarcoidi o nella giungla.

Il condominio fu definitivamente istituito nel 1942 con l’emanazione del codice civile, da quel momento la sua applicazione è cresciuta in maniera esponenziale. Il condominio è per sua stessa natura un ostacolo durissimo per qualsiasi architetto che, quando riceve un incarico al suo interno, deve subito informarsi sui condòmini, sulla loro litigiosità e soprattutto sulla loro stabilità mentale. Una strategia efficace è fare immediatamente amicizia con l’amministratore, corromperlo per arruolarlo da complice ed eventualmente correo.

Tuttavia l’amministratore è in genere un uomo dotato di diplomazia suprema: è ambiguo, inaffidabile, sfuggente. Spesso l’architetto è costretto anche a sottoporsi a una vile tortura, una prova di grande resistenza fisica e psicologica: l’assemblea di condominio. Qui viene obbligato a spiegare il progetto ai presenti, in genere spalleggiato da un avvocato che funge anche da bodyguard. Talvolta a queste riunioni  partecipano anche pseudotecnici che millantano conoscenze da aspiranti premi Nobel. Gli architetti che escono vittoriosi da una riunione di condominio ricevono un’onorificenza dall’Ordine. Durante i lavori la prima disputa è sempre quella sul rumore, segue quella per la presenza dei ponteggi, quindi le impronte sui pianerottoli, l’uso dell’ascensore, le interruzioni di acqua e corrente fino alle infinite discussioni sulle regole del parcheggio.

Alcuni architetti affiggono pure degli avvisi nell’androne, scusandosi preventivamente per il disturbo arrecato. Avvisi che, in genere, vengono strappati nel giro di due giorni; in alcuni casi condòmini più creativi ci aggiungono frasi ingiuriose o disegni sconci diretti proprio all’architetto che, di conseguenza, elimina il cartello. Pur di vincere la sfida contro il condominio, l’architetto è disposto a sottoporsi a interminabili trattative; discussioni  durante le quali è costretto a visionare decine di macchie umide, lesioni, confini irrisolti e tabelle millesimali, elargendo puntualmente consulenze gratuite. All’interno di questa battaglia ci sono anche architetti che mollano, non è un disonore; oppure disertano: passano nelle fila del nemico e decidono di diventare amministratori di condominio.

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