(Paolini, “Rinascita di Venere”, Galleria Alfonso Artiaco, Napoli)

Terrazzo

Paolini e Calvino, la strana coppia

Giacomo Giossi

 In “idem”, volume ora riproposto dall'editore Electa in occasione del centenario dello scrittore, c'è il dialogo-squadratura tra due grandi del ’900

Nato da un’intuizione di Giulio Einaudi che vide una personale di Giulio Paolini allo Studio Marconi di Milano – come riporta Andrea Cortellessa nel suo saggio alla chiusura del volume – idem – ora riproposto da Electa all’interno dei centenario di Italo Calvino – è forse la sintesi più estrema di due discorsi in dialogo aperto, quello tra Giulio Paolini e Italo Calvino. Un dialogo che offre la sua forma ultima in un libro che oggi vive nel marchio Electa, ma che resta fortemente e distintamente einaudiano nella concezione così come nel suo senso più profondo, quello di cogliere uno spazio possibile tra il più visionario dei narratori italiani e il più narrativo degli artisti contemporanei. L’edizione attuale slitta così semanticamente da un confronto, che portò a un’amicizia tra due figure riservatissime e umbratili, a una vera e propria macchina concettuale il cui movimento alterna il paesaggio narrativo dell’uno con quello dell’altro. Uno scambio stretto e continuo al punto che il libro che ha un solo autore, Giulio Paolini, non è tale se non lo si inserisce in questo dialogo serrato e tutto sommato insolito nel Novecento. Il libro come vero moltiplicatore di un’opera come di un testo. E in questo l’intuizione di Giulio Einaudi non appare certamente casualmente mondana, ma quale gesto esatto di una visione editoriale di progetto precisa e solidissima, anche a distanza di tempo. E non è un caso che insieme ai cento anni dalla nascita di Italo Calvino si possa scorgere tra le pagine del libro anche il senso dell’anniversario einaudiano che festeggia i novanta anni dalla fondazione della casa editrice.

 

Tra l’occhio del pittore e la squadrettatura dei fogli, Calvino coglie il lavoro di Giulio Paolini in una lettura che diviene anche una sorta di autobiografia (che si esplicita ancor di più nel testo inedito che è stato aggiunto in questa edizione). La parola dunque come spazio e non come forma di definizione e quindi di limite. Una squadratura del quadro che prende origine dalla sua cornice come elemento generativo e non come argine a un’espressività in divenire. E’ quasi impossibile leggere idem, o guardarne le immagini da cima a fondo. Anzi questo è un movimento non affatto consigliabile perché il rischio dell’abisso come della vertigine è altamente probabile. Saltare e vagare tra le pagine cogliendone l’andamento è forse il modo migliore per cogliere quello che ha tutta la forma di un confronto inesauribile tra Paolini e Calvino là dove ognuno offre un’apertura sempre nuova all’altro. Così come l’elenco delle opere, come anche le note a margine rappresentano una possibilità di lettura e non semplici riferimenti, ma regesto di un’enciclopedia del pensare e del guardare. 
Argine finale, e necessario, i contributi di Marco Belpoliti e di Andrea Cortellessa che riportano il lettore al senso di un tempo e della sua cronologia, un’organizzazione comunque necessaria per un oggetto culturale irriducibile e cosmologico, ma che porta inevitabilmente il lettore verso una spontanea nostalgia. 

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