TERRAZZO
Così con i reel e Tiktok le biblioteche tornano di moda
I libri tanto disprezzati dai millennials ritornano in auge grazie ai social. Sono super instagrammabili, e quindi anche per questo si va nelle librerie pubbliche. Content creator, infuencer e booktoker si ritrovano per cercare materiale e prop per i loro video
Per un periodo si pensava che le biblioteche sarebbero finite come le cabine telefoniche, le chiese o i negozi di Blockbuster. Nell’immaginario contemporaneo, almeno in America, le troviamo nelle serie tv come alternativa polverosa e decadente alla digitalizzazione, come luogo dimenticato di aggregazione di clochard, come un accampamento di gente che le scambia per internet caffè statali senza firewall per PornHub. Ma la generazione Z sta riportando in auge queste “medicine per l’anima” – com’era scritto sulla porta della biblioteca di Tebe – complice un social che piace tanto agli under 30: TikTok. Emerson diceva che la biblioteca è un harem, ma a quanto pare è anche un’ottima location per farsi i video e poi postarli nel flusso del social cinese. Come raccontano alcuni influencer, la gente non vuole uno sfondo noioso, una luce al neon, la parete prefabbricata di un campus universitario ma una bella, calda e storicamente stratificata sala da lettura, e così tutti alla NY Public Library, coi suoi affreschi Beaux-Arts, o alla Sainte-Geneviève con le sue colonnine in ghisa. Pila di libri, borraccia di metallo, Mac socchiuso, lampada ministeriale verde e il setting è pronto.
I content creator, gli infuencer, le booktoker lo sanno bene che nonostante si possa leggere tutto su Kindle o sull’iPad, anche testi piratati, la materialità nei video paga. C’è bisogno di sostanza, di qualcosa di fisico per attirare l’attenzione di chi è perso nello scroll or die. I libri antichi, o anche solo vecchiotti, vintage, le copertine d’impatto hanno avuto un ritorno perché sono super instagrammabili, e quindi anche per questo si va in biblioteca. Per trovare i prop per i video, e prenderli in prestito gratis. Algoritmi e paperback. E poi ci sono le bibliotecarie tiktoker che fanno vedere il dietro le quinte, e i dorsi dei tascabili. Si cerca di rendere le biblioteche cool. E se si vuole rimorchiare – tra le funzioni primarie dei social, nonché primo obiettivo dello Zuckerberg studentello nerd ad Harvard – il post con l’hashtag #biblioteca aiuta a elevare la persona, almeno in certi segmenti sociali. Struscio all’Ambrosiana, meglio che andare da Cova.
L’ultimo report della American Library Association ci dice gli Z e i millennial usano molto di più le biblioteche delle generazioni precedenti. Non solo per i social. Ma per flirtare, per lavorare, per ritrovare la socialità perduta negli anni del Covid, perché i loro appartamentini non sono così accoglienti, o ci sono i coinquilini che distraggono. Per le vittime della bolla immobiliare ci si allarga dove si può, anche in biblioteca, che per la Gen X era al massimo la location di “Breakfast Club”, un luogo punitivo. Una romanticizzazione delle biblioteche da parte degli zoomers, insomma, forse unico strumento per salvare il decadimento della millenaria istituzione, ora tra l’altro presa d’assalto oltreoceano da tagli ai fondi e dagli estremisti che vogliono l’autodafé dei testi anche solo vagamente lgbtq+. La biblioteca ottimo set per i reel, e campo di battaglia delle culture war.