Un’installazione della mostra (Catalogo Electa) 

Terrazzo

Tutti da Inga il sabato sera

Giulio Silvano

La casa imperfetta (e abitabile) di Sempé in Triennale 

Sarà il giocoso (senza pagliacciate), oppure i legni chiari levigati (senza brugole), la leggerezza (senza scatoloni) ma tutto insieme il lavoro di Inga Sempé ha un po’ una vibe Ikea chic, un’evoluzione francese della scandi wave fai da te.  Sempé, figlia del celebre copertinista del New Yorker – e inventore di Petit Nicolas – fece un Erasmus di due ore al Politecnico di Milano nel ’90. Dopo la mostra a Parigi ora è festeggiata alla Triennale di Milano con la mostra “La casa imperfetta”, sogno dei patiti di planimetrie minime da partita Iva milanese, curata da Marco Sammicheli, un appartamento dove poter salire sul letto e prendere in mano gli oggetti, come quando si va appunto da Ikea con le sue stanze 1:1 dove litigano le coppie, ma col vero design autoriale senza usa e getta. Influenza dei marché aux puces parigini in cui la portava la madre, una pittrice, dove ogni oggetto ha una vita che precede e supererà quella del proprietario, ma anche influenza del Bon Marché, Rinascente-Salon dove i borghesi della rive gauche scoprono il design casalingo. “Lei vuole portare leggerezza, vuole nascondere la tecnologia”, scrive il curatore nel catalogo (edito da Electa). “Il mio è un approccio che viene dalla vita quotidiana”, dice Sempé, “dalla frequentazione dei mercati, in qualche modo dalla consapevolezza che molti dei nostri gesti dipendono dagli oggetti. La loro qualità formale incide sulle abitudini, sull’automatismo delle azioni”.
Immaginate se, come qui, in tutta la design week, uno dei vari gironi della nuova Milano, gli oggetti li vedessimo nel loro ambiente d’uso, seppur costruito artificialmente intorno. Se ogni oggetto frutto di collaborazioni tra menti architettoniche e brand non lo vedessimo per la prima volta a un vernissage sotto un faretto – con in mano un bicchiere di bollicine – ma nel luogo in cui dovrebbe stare una volta acquistato, magari pure sporco di sugo. Come se la nuova linea Ginori venisse presentata con una pastaciuttata felliniana in piazza. Sempé ha sempre in testa la domanda originaria del designer, è nato prima l’uovo o la gallina dei creativi commerciali: come si crea qualcosa “che sia funzionale e allo stesso tempo esteticamente irresistibile?”. La sintesi forse, per Sempé è la sua doccia da esterno per Tectona che sarebbe perfetta in qualche film ambientato a Coney Island o a Courseulles-sur-Mer. O i suoi cestini danesi per pane e ravanelli in un acciaio colorato che sembra plastica. O le sue pentole Bombance in ceramica da casa rustica in campagna, ma comunque sofisticate con il giusto tono – come tutte le sue produzioni – di naturale estetica bobò. A vedere i suoi prodotti, Sempé sembra una designer che ha deciso di costruirsi cose che le piacciono e che metterebbe in casa sua e che sia finita a farlo per il mercato solo per caso, come la sciura che lavora a maglia e la figlia inizia a metterle i maglioncini in vendita su Etsy. Quando una giornalista va a intervistare Sempé le chiede se ha qualcosa in contrario dovesse citare nell’articolo il suo “albero di Natale storto e spelacchiato” intravisto in salotto. “La rassicurai che ero per la totale libertà di stampa”. 

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