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Terrazzo

Per favore non sparate (almeno) sugli alunni

Mario Leone

Se in Italia i problemi in classe sono il telefonino e il diario elettronico, in America la sfida è rendere l’edificio accogliente e sicuro

Non ci sono solo gli ex presidenti: negli Stati Uniti sorgono nuove scuole pensate per difendere studenti e personale dal crescente fenomeno delle sparatorie; istituti organizzati non per migliorare la didattica ma per portare a casa la pelle. Uno studio riportato sul Journal of School Violence segnala il crescente desiderio degli studenti di saper gestire possibili attacchi omicidi. Una serie di protocolli visti come un adeguamento alla dura realtà dei fatti: presto o tardi toccherà a tutti.  Intervenire sulle strutture potrebbe mitigare l’impatto emotivo di alcune soluzioni.  Diversi studi d’architettura sono impegnati su questo fronte, tra loro anche l’Alamo Architects di San Antonio, realtà operativa nella pianificazione urbana e l’edilizia scolastica.

Se in Italia i problemi in classe sono il telefonino e il diario elettronico, in America “la sfida è rendere l’edificio accogliente e sicuro” – dice al Wall Street Journal Jerry Lammers, direttore di Alamo in Texas. I progetti si rifanno al CPTED (Crime prevention through environmental design), un approccio multi-disciplinare per prevenire il comportamento criminale attraverso una corretta progettazione ambientale. In questo senso si organizzano l’ingresso e l’uscita con percorsi che sembrano liberi ma incanalano tutti in direzioni ben pensate e visibili. La vegetazione all’esterno è fatta di arbusti bassi che non permettono di nascondersi o salire in alto. Alcune soluzioni logistiche, studiate con un team di psicologi, mirano a ridurre l’insorgenza di frustrazione e violenza. Le porte delle aule e dei bagni sono rivestite di particolari materiali che le rendono difficili da sfondare e rallentano o bloccano i proiettili. Ritorna l’uso del cemento per alcuni muri e si diffondono luoghi interni molto ampi e aperti, capaci di favorire la socialità. In diversi punti sporgono muri, nascondigli per le forze dell’ordine chiamate a intervenire in caso d’attacco. Dislocati in tutta la struttura, pulsanti di allarme e dispositivi che isolano determinate zone, oltre a telecomandi per la chiusura a distanza delle porte. I vetri non permettono di guardare dall’esterno all’interno e tutte le finestre diventano possibili vie di fuga. Povero Monsieur Hugo che pare dicesse: “Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione”.

Qui le porte che si aprono sono sia della scuola, sia della prigione. “Le nostre soluzioni non sono impattanti e integrano gli altri dispositivi di sicurezza – risponde Lammers dell’Alamo Architects ad alcune nostre domande. I sistemi antincendio, le scale d’emergenza o i sistemi automatici di spegnimento sono ovunque e quasi non ce ne accorgiamo. Le soluzioni che progettiamo sono funzionali e si inseriscono in un’architettura moderna fatta con materiali all’avanguardia”. 
In pochi provano ad approfondire le cause di un malessere che si trasforma in violenza verso la scuola, supportata dalla facilità a reperire armi sul mercato americano. In Italia una parte dei fondi del Pnrr pare sia destinata all’edilizia scolastica. Pochi e poco significativi gli interventi effettuati finora. Un ritardo atavico per un paese, il nostro, dove lo stato delle scuole è simile a quello delle carceri. Con buona pace di Victor Hugo.

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