Sferruzzare alla Casa Bianca

Ella Emhoff, la “second” figlia e la passione per la maglia

Giulio Silvano

La figlia acquisita di Kamala Harris è la quota GenZ della campagna elettorale americana. Oltreoceano le riviste di costume già parlano di lei, che è pronta a portare il crochet alla Casa Bianca

Se da noi c’è Elly, in America c’è Ella, Emhoff, che potrebbe diventare un giorno  inquilina della Casa Bianca, figlia com’è del primo matrimonio del “second” e forse un giorno first gentleman, il marito di Kamala Harris Doug Emhoff. E alla Casa Bianca potrebbe portarci un po’ del suo stile, quintessenza del gusto ironico-eccentrico-cute della GenZ. Ci eravamo accorti di lei – cioè se n’erano accorti Vogue e Vanity Fair – quando all’inaugurazione della presidenza di Joe Biden, Ella si era vista con indosso un capotto di tweed MiuMiu con colletto di pizzo sangallo e cristalli arancioni sulle spalle, qualcosa di nuovo rispetto agli impiegatizi vestiti della folla di Capitol Hill. 

Quel mix tra eleganza vintage ed esuberanza zillennial. Post hipsterismo senza piagnisteo indie. Ella ha studiato in una delle migliori scuole di design a New York e poi, oltre a lavori da modella, si è aperta il suo brand di vestiti e accessori fatti a maglia. Pochissimi pezzi, tutti a mano. A un certo punto ha mollato l’agenzia – quella di super model come le sorelle Hadid – e i catwalk per dedicarsi ai ferri, ma ha continuato ad andare al MetGala con i brillantini adesivi intorno agli occhi. Occhiali da vista, sguardi canzonatori, tatuaggi di animali teneri e un po’ cartoonish, paperino disegnato male. E sullo sfondo delle foto tanti gomitoli. Se c’è un’attività che rappresenta al massimo i Gen Z creativi, creando una ciclicità con le nonnine della Silent Generation, è il lavorare a maglia, sia col crochet (uncinetto) che coi ferri (knitting). Giovani Miss Marple con TikTok. 

Mentre i cinquantenni in crisi fanno padel e lasciano le mogli, gli Zoomers si buttano sul crochet, ripescando i flip-phone e le sneaker giganti degli anni ‘90. Ella ha anche creato un club della maglia. Il knitwear, dice Milano Finanza, è una fetta di mercato in super crescita. Alle  Olimpiadi di Parigi, il nuotatore inglese Tom Daley si è ripresentato  coi ferri in mano a bordo piscina. Su TikTok #knittok ha oltre un miliardo di visualizzazioni, ed esistono i “knit-fluencer”. 

Ella non sferruzza solo vestiti, ma anche quadri fatti a maglia e ha avuto una personale in una galleria di Manhattan con autoritratti sarcastici fatti col cotone intrecciato, e immagini di fiori e pomodori antropomorfi e fermagli per capelli. “Lavorare a maglia e in generale l’arte tessile sono e saranno sempre una pratica terapeutica per me. Le approccio come qualcosa che mi calmi dall’ansia”. 

Specialisti del dolore dicono che i gesti ripetitivi dell’incrociare i ferri aiutano con stress e depressione. E questo spiega il boom di chi è nato alla fine degli anni ‘90, quando morivano le speranze da “We are the world” e nasceva il doomscrolling. Più gomitoli a Pennsylvania avenue. Via le moquette reaganiane. Crochet-core alla White House.