foto: Villa Le Lac fu costruita nel 1923 (foto da Wikipedia)

Terrazzo

Le Corbusier pieds dans l'eau: un mondo intero dentro una piccola villa

Giulio Silvano

Come si fa a far sembrare giganteschi 64 metri quadri? Villa Le Lac e l’amore filiale di un archistar

Losanna. Come si fa a far sembrare giganteschi 64 metri quadri? È la domanda che si fanno gli agenti immobiliari, e soprattutto chi a Milano è costretto a vivere nei bilocali con due coinquilini.

Non si sa bene come, ma Le Corbusier ce l’ha fatta. Cento anni fa ha fatto costruire una villa sul lago di Ginevra per i suoi genitori, e in una striscia di terra tra la strada e il lago ha tirato su quattro pareti dando contemporaneamente l’illusione di essere in una barca e in una grossa villa della Costa Azzurra. Quando nel 1919 Corbu cercava un pezzo di terra per la vecchiaia dei genitori non c’erano ancora le torri della Nestlé, a pochi passi da lì, e nemmeno Chaplin’s World, il parco a tema-casa museo di Charlie Chaplin. Qui a Vevey, la vera star è Charlot, si vedono le sue sagome nelle rotonde, statue sul lungofiume, la sua faccia graffitata sui palazzi come Maradona nei quartieri spagnoli. Sulla facciata sud della villa, con vista sui cigni e sui turisti in paddle board e sulle montagne francesi, un finestrone lungo 11 metri fa entrare l’azzurro svizzero nella casa, e spuntano dal muretto delle rose rosse, nascondendo da dentro il vialetto che porta al giardino.

Lì, un orticello con le verdure, un minuscolo frutteto e muri bianchi da casa eoliana. Su un muro, una finestra affacciata sul lago crea un quadro cangiante. Dentro, la “villa” è una piccola “machine à habiter”, con tutti i vezzi pratici del gigante svizzero, un loft ante litteram con vasca da bagno a un passo dalla camera da letto, “una casa pensata per due persone”, scrive Corbu, “senza servitù”, “funzionale, che risponde esattamente al programma”, costruita con un budget minimo. Ghiaia bianca, colonne sottilissime sul patio, pareti esterne verde azzurro, rivestimento in lamiera d’acciaio aggiunto più avanti, sublimi finestrelle alte e strette, camera degli ospiti sopra la carbonaia, un portaombrelli a parete, roof garden, armadi a muro e corrimano elegantissimi. Rinnovata per il centenario, la villa ricorda anche l’uso saggio dei colori, che qui, tra rossi e blu notte, separano idealmente le zone della casa, con più efficacia di una parete. Purezza formale, dialogo con la natura, in questo container a bordo lago, parallelepipedo che è manifesto silente. È bello vedere all’opera le archi-star quando si danno da fare per il pubblico – le cattedrali, i grattacieli, i mega musei – ma è nelle case per chi amano che scrutiamo la loro anima meno pubblica, il loro rapporto intimo con l’abitare, lasciando anche in qualche impronta freudiana.

L’architetto giapponese Toyo Ito dice che Villa Le Lac è “una casa riempita dal rispetto di un figlio per la madre”. La madre pianista e il padre orologiaio, ormai avanti con gli anni, avevano bisogno di una casa comoda, ambienti compressi e tutto su un piano, per non dover far le scale. Marie-Charlotte-Amélie e Georges-Édouard vivranno lì, a Villa Le Lac fino alle rispettive morti, a 34 anni di distanza.

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