Terrazzo

Il mattone è social: è l'ora degli agenti immobiliari social

Michele Masneri

Gianluca Torre e i suoi derivati. Viaggio nell’Italia degli influencer immobiliari, che raccontano il paese meglio della tv

L’estate finisce assai dolcemente e spesso è il momento in cui comincia anche la ricerca di una casa. E dopo le ricerche sui vari portali ecco che incombe la figura dell’agente immobiliare: sempre che non sia impegnato a registrare un reel o un programma tv. Infatti l’agente immobiliare sta vivendo un momento d’oro nella spettacolarizzazione di una professione che per decenni è stata ai margini.  I più noti passano direttamente in tv come il leggendario Gianluca Torre che dal proporre attici esclusivi a Milano con la sua falcata dinoccolata e l’ampio giro di polso è diventato protagonista di “Casa a prima vista”, su Real Time.

Ma non c’è solo lui: l’Italia si conferma vivace serbatoio di creatività immobiliare e non potrebbe essere altrimenti essendo la casa da sempre la vera ossessione nazionale. Però, più che in tv, sono i social autoprodotti di questi personaggi a essere  particolarmente interessanti. Ognuno si inventa un tic o tormentone: “curiosòne”, intima  Alessandro Cajozzo di “Cajozzo Re” che gira in vespa per i vicoli di Palermo nei suoi completi kaki e occhiali scuri, pronto a saltare giù da un’Ape Piaggio carica di “tenerumi”;  a Santa Margherita Ligure c’è il belloccione Edoardo Tommasi che con erre arrotata e aria da attore strappacuori promette “vista mare piena” sgranando gli occhioni azzurri. “Questa è la tua prima vista mare” dice guardando in camera (in tutti i sensi), promettendo chissà che piaceri e rogiti. I nuovi influencer immobiliari si improvvisano attori, in una specie di palinsesto un po’ rustico e artigianale e fiesta mobile, perché comunque possono contare su un palcoscenico di appartamenti, ville, villette, ma anche sulla strada, le piazze, i vicoli di questo nostro paese in cui come diceva Orson Welles tutti sanno recitare tranne gli attori.

 

Poveri ma belli, raccontano l’Italia con delle invenzioni minime ma che funzionano. Se Gianluca Torre è diventato “igonigo” con “seguimi. Ti porto…” (in camera, nel patio, “in City Life”), con i nuovi influencer del mattone arrivano nuovi usi e tic lessicali e materiali che come al ristorante diventano immediatamente di uso comune in una nobilitazione specialistica da cui non si può più tornare indietro: se la pasta dovrà essere “di grani antichi”, l’armadio diventa “walk in”, o “pass  through”, la camera da letto diventa “master bedroom”, la doccia di marmo “pentelico” o “marmo ocra turco”. La casa intanto viene subito elevata a “dimora”, e poi come al solito sarà bello vedere come questo nuovo vocabolario e immaginario percolerà giù per li rami, nelle agenzie di provincia, nei venditori minori, un po’ come il “bollito non bollito” o il “ricordo di una parmigiana” che poi scivola, modello maglioncino ceruleo, giù giù fino agli autogrill coi menu esperienziali.  In comune con la neolingua stellata anche con l’immobiliare “siamo” sempre. “Siamo in Brera”; come il cameriere che legge la lista dei vini (“siamo nelle Langhe”). Il cameriere dello stellato non usa però ancora il “tu” imperativo che invece  accomuna tutti i social immobiliaristi.  “Ti porto”, “ti mostro”, violento nella sua intimità.

 

Poi però ognuno è diverso: a Roma c’è Luigi Peroni coi suoi completi stretti e le “c” aspirate, e “guarda che vista mozzafiato da questo addigo con vista piena sur Fleming”. Coi suoi completi, una versione sartoriale del classico Tecnocasa, anche in versioni chiare tipo “Tan suit” da Barack Obama, a un certo punto si è messo  pure a fare il testimonial per la Rinascente. Perché poi partono dall’immobiliare ma chissà, il mondo è pieno di occasioni: Peroni, fare assertivo e un po’ albertosordiano a nascondere forse una certa timidezza, coglie l’occasione per mettersi in costume da bagno e mostrare il fisicaccio in piccoli sketch da avanspettacolo teneri, da film a episodi del dopoguerra (“quando sei in vacanza ma il cliente ti chiama per accettare la proposta”, eccolo guizzante tra le dune di una spiaggia). E poi secchiate d’acqua, duetti con complici, un’epopea innocente (mostra la gatta Stracciatella, nome da Age e Scarpelli). Naturalmente ci sono anche le donne, molteplici e valide, ma più serie e uniformi, qui si è voluto fare una carrellata degli uomini, che sembrano per qualche motivo più estrosi, espressivi, liberati (è un tripudio di musiche, invenzioni, imitazioni, come in un palinsesto di tv private selvagge fine anni Settanta, trash innocente, dove si mischia tutto, la bêtise e la lingua ascoltata, “siamo in un attico ristrutturato dal Mongiardino”, siamo in un appartamento “fine di Ottocento”, che sarebbe piaciuto molto a Tommaso Labranca). “L’attico a cui tendevi la pargoletta mano / non era un pentavano” declama  Cajozzo. Poi c’è naturalmente Zampetti, quello col cognome da “Terza C” e i collettoni delle camicie. A volte collaborano tra loro questi gran personaggi, in un campionario  di caratteri e soggetti. Raccontano un Paese che il cinema e la letteratura non raccontano più, i caratteri locali, i tic, l’abbigliamento, la parlata. 


Il cinema ha sempre celebrato al massimo i costruttori: ovviamente Berlusconi che nei primi cantieri brianzoli si testava venditore e invitava i parenti come finti clienti per invogliare i veri a comprare “sulla carta”; e “C’eravamo tanto amati”, naturalmente, poi vennero i Roberto Carlino, poi le pubblicità sexy col “succhino”. Ma l’agente immobiliare ha trovato finalmente il suo mezzo espressivo che è il social. In tv infatti gli agenti  appaiono ingessati, un po’ impacciati, la “gamification” tipo 4 ristoranti è un po’ forzata. Invece nella brevità del reel danno il meglio. Figura marginale, anche perché magari storicamente  pagata in nero, l’agente adesso ha finalmente una sua statura e un suo medium.  Coldwell Banker consiglia “i dieci film che devi assolutamente vedere se fai l’agente immobiliare”, e parte da “Americani” (1992) di Foley, che “offre uno sguardo avvincente nel mondo competitivo e spietato dei venditori immobiliari. La trama ruota attorno a una competizione feroce tra agenti, interpretati da stelle del calibro di Al Pacino, Jack Lemmon e Alec Baldwin, impegnati a raggiungere gli ambiziosi obiettivi di vendita stabiliti dalla loro agenzia”. Però un film a episodi con tre diversi agenti immobiliari un po’ instagrammatici, di tre diverse regioni italiane, lo si guarderebbe volentieri. Naturalmente nella splendida cornice  nella nostra “master bedroom”.   


 

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).