Terrazzo

Con "Vermiglio" trionfa l'Italia rurale, dei borghi, che piace all'estero

Michele Masneri

Il film è uscito il 19 settembre in 25 cinema e ha visto aumentare considerevolmente il numero di copie nel secondo week end, raggiungendo le primissime posizioni nella classifica Cinetel. La nostra recensione

Tra Roma e Milano è tutto un "hai già visto Vermiglio?", "sono appena uscito da Vermiglio", "Vermiglio è un'esperienza immersiva". Vermiglio noi non lo si è ancora andati a vedere e non si vorrà fare una recensione del genere "non l'ho visto ma non mi piace", anzi si è felici di un successo italiano, che ha trionfato a Venezia col  Gran Premio della Giuria  e adesso con la designazione ufficiale come candidato Italiano per la corsa all'Oscar come miglior film straniero.
 

Ma anche come pubblico in sala va benissimo: uscito il 19 settembre in 25 cinema, ha visto aumentare considerevolmente il numero di copie nel secondo week end e ha raggiunto le primissime posizioni nella classifica Cinetel. Il film chiude il fine settimana al secondo posto con un incasso di 397.973 euro mantenendo di gran lunga la migliore media per copia (3.344€).
 

"Sono stati bellissimi questi primi incontri con il pubblico – ha detto la regista Maura Delpero – È una grande gioia vedere i cinema pieni, condividere il rituale della sala, sentire il calore degli spettatori, quelli più comunicativi che vogliono commentare e discutere, quelli che rimangono silenziosi e discreti, ma raccontano con gli occhi che sono contenti di essere usciti di casa per vedere un film". Da giovedì il numero dei cinema crescerà ancora, arrivando a superare 200 sale.
 

La sinossi: "In quattro stagioni la natura compie il suo ciclo. Una ragazza può farsi donna. Un ventre gonfiarsi e divenire creatura. Si può smarrire il cammino che portava sicuri a casa, si possono solcare mari verso terre sconosciute. In quattro stagioni si può morire e rinascere. Vermiglio racconta dell'ultimo anno della seconda guerra mondiale in una grande famiglia e di come, con l'arrivo di un soldato rifugiato, per un paradosso del destino essa perda la pace, nel momento stesso in cui il mondo ritrova la propria". 
 

Altri commenti degli amici:  c'è "l'idea di far recitare gli attori in dialetto, divina". "Gli attori non professionisti, una delizia". "Come Pasolini". "Post pasoliniano". Altro commento: "Un Olmi rivisitato". Infine, definitivo: "è un Rohrwacher di montagna"; forse invogliante, forse no, di sicuro ilRohrwacher di montagna va fortissimo e rientra in un certo immaginario, l'Italia dei paesi, rurale anzi "rural". I borghi più belli d'Italia, la dorsali interne, le rotte lente – ma ormai i Frecciarossa in realtà sono ancora più lenti di quelle dorsali lì, causa guasti sulle linee - e tutto quell'armamentario da Chatwin della corriera che va sempre fortissimo. Del resto "Da noi vogliono il rural" mi ha detto recentemente un agente letterario facendosi ambasciatore delle richieste degli editori americani per  scrittori italiani. Dunque, la solita questione: infanzie dolorose possibilmente al sud (ma il nord di Vermiglio sembra già un passo avanti, c'entrerà qualche film commission?). Via comunque dalla pazza folla delle vibranti e peccaminose città italiane. Saghe, streghe, megere, animali, capanne, possibilmente storie di povertà, di popolazioni modeste ma felici, rimestando la polenta o il sartù o i canederli. La ricchezza è ammessa solo se parallela a una serie di sfighe micidiali e relegata nel passato, vedi la serie "Leoni di Sicilia" su Disney Plus che narra la saga dei Florio. E poi è rural anche quella, i Florio stufi di Palermo se ne vanno a stare fuori (anzi, il capofamiglia molla la famiglia in campagna e lui se ne sta in città). 
 

"Vermiglio", con la sua nuance non proprio rossa, né scarlatta, ma appunto vermiglia, sarebbe un perfetto titolo da film impegnato citato in "Boris", con Itala che dice "aho mica stamo a fà Vermiglio", invece è  un posto vero. Diverse le location scelte, grazie al supporto di Trentino Film Commission, dice il comunicato: Vermiglio, Carciato - frazione di Dimaro-Folgarida, e Comasine - frazione di Peio.
 

Rilancerà la pellicola Folgarida, località sciistica dove si andava in settimana bianca con la scuola, e l'acqua Peio? Effetto "Chiamami col tuo nome" a Crema? Bisognerà rastrellare case nel paesino di Vermiglio, in vista di nuovi sconquassi del climate change e delle città sempre più calde? Arriveranno dei George Clooney a Vermiglio?
 

Intanto,  sul Financial Times del Weekend, grosso profilo-intervista alle sorelle Rohrwacher. Alba (attrice) e soprattutto Alice, sceneggiatrice e regista,  reduce dal successo di "La Chimera", storia di uno strano rabdomante inglese a caccia di tombe etrusche nella Tuscia (impersonato da Josh O'Connor che nei suoi completi sartoriali stazzonati rimanda a un inconscio Re Carlo che fa gli acquarelli in campagna). Può non piacere, ma è sempre affascinante questo post pasolinismo, poi le vecchie Fiat 127 in colori pastello e le canzoni dell'epoca fanno sempre cartolina. Del resto la stessa testata inglese aveva scritto che "La chimera" è  "everything you'd want in an Italian film"; tutto quello che potreste desiderare da un film italiano. Col precedente "Lazzaro felice", manifesto anti cittadino (del resto si dice: fare i lazzaroni) esplodeva il ruralismo magico di Rohrwacher, e prima ancora "Le meraviglie", che racconta la storia di un papà tedesco che alleva le api. E noi, che pure noi avevamo il papà contadino con le api, che si dovrebbe dire! Abbiamo sbagliato tutto, ad andare a fare l'università fuori, a  ostinarci a raccontare le città e perfino l'Estero. Ci vuole il rural.
 

Già, ma dove ambientarlo? Non c'è un paesino che non abbia una saga, letteraria o televisiva, e il suo commissario e il suo rural. Puntare sul Trentino Alto Adige in scia anche al fenomeno Sinner? Secondo Isabella Rossellini, citata dal Ft, "Rohrwacher è la nuova Fellini". "Giravamo per i boschi e facevamo la faccia brutta e spaventavamo i cacciatori", dice più o meno Alice Rohrwacher raccontando dell'infanzia campagnola. "Anche il capitalismo un giorno finirà in un museo", aveva detto sempre al quotidiano della city simbolo del capitalismo che però adora Rohrwacher.  Forse ha ragione Rem Koolhaas, l'architetto più influente del mondo (ed ex sceneggiatore), che recentemente ha dichiarato d'essersi stufato delle città: le città sono sporche, maltenute, inutilmente costose, lo sappiamo tutti. E poi che si fa nelle città, si esce per fare cosa? Ma per andare a vedere Vermiglio!

Vermiglio, il trailer

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).