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Terrazzo

Dove ha alloggiato la storia. All'asta ancora una volta gli arredi del Ritz di Parigi

Giulio Silvano

Stoviglie del primo Novecento, tovaglie, vassoi, coppe da cocktail, copertine in cachemire. Ogni oggetto presente nell'hotel ha un valore inestimabile perché potrebbero essere stati usati da Marcel Proust, dalla principessa Diana e da Francis Scott Fitzgerald

Dove sono i tedeschi? Sono venuto a liberare il Ritz”, diceva Ernest Hemingway scendendo da una jeep su cui era montata una mitragliatrice. “Signore, i tedeschi sono già andati via” e giù 51 martini dry solo quel pomeriggio. Il Ritz si sgombra da solo, anche dei suoi mobili, tramite le case d’asta Artcurial. Non servono gli Sgombrotutto che lasciano gli adesivi sulle serrande romane. La scorsa settimana sono stati messi in vendita dalla casa d’aste francese pezzi di mobilio e di argenteria. Uno svuota cantine, un vide-grenier per fare spazio a nuovi servizi di piatti e liberarsi da quelli con l’edelweiss verde che tanto piacevano alla mamma del fondatore, César Ritz, detto il “king of hoteliers, and hotelier to kings”, che aveva avuto l’intelligenza di mettere dei bagni privati nelle camere. Ma non solo stoviglie del primo Novecento, all’asta anche il servizio creato da Haviland meno di dieci anni fa, con le decorazioni in oro ispirate a quelle dell’imperial suite, la stanza più costosa di place Vendôme. E poi servizi per la cioccolata calda, addirittura pentole di rame usate per i macaronis ai carciofi. Tovaglie, vassoi, coppe da cocktail, copertine in cachemire, accappatoi monogrammati, un paio di seggioline, teiere da nonna. Tutti vogliono un pezzo del Ritz.

Non è certo la prima volta, proprio quel bar che Papa adorava tanto e che ora porta il suo nome, qualche anno fa ha cambiato i mobili e invece che portarli all’isola ecologica li hanno messi in vendita, così puoi dire ai tuoi ospiti che su quello sgabello che hai comprato per 4 mila euro è nata l’idea per il bloody mary. Rispolverati ogni volta dai venditori, come da pagina di Wikipedia, i grandi nomi che hanno dormito lì, chi per una notte chi per trent’anni, dalla principessa Diana a Marcel Proust. A gennaio il capo-barman, considerato uno dei migliori del mondo, andò da Christie’s per vendere i suoi oggetti personali tenuti nel bar e farsi una discreta pensione. Nella collezione c’erano anche delle mosche da pesca incorniciate che gli aveva regalato Jack Hemingway, il figlio dello scrittore. Alla grossa vendita di sei anni fa, organizzata durante un massiccio e costosissimo restauro, il Ritz aveva guadagnato da un’altra asta più di 7 milioni di euro, il costo di 202 notti nella stanza da 188 metri quadri che fu di Coco Chanel. Non è solo il brand Ritz, le incisioni sui tumbler per i gin tonic o le etichette sulle federe con il font in corsivo, ma è il possedere oggetti che contengono un’aura in virtù del loro uso, che acquistano valore proprio per l’esser stati utilizzati da qualcun altro. Piatti e lenzuola che potrebbero essere stati usati da Karl Lagerfeld e Francis Scott Fitzgerald, ma anche dalla famiglia di Dubai che sta in ciabatte nella hall.

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