Foto LaPresse

Terrazzo

Una piazza Pia ma non troppo

Andrea Bentivegna

Col Giubileo, da San Pietro lo sguardo può traguardare ponte Sant’Angelo senza più incrociare una sola autovettura. Si riapre quindi la prospettiva odiata da Antonio Cederna, che cinquant’anni fa definiva via della Conciliazione “l’orrendo mostro”

Obiettivamente quando un anno e mezzo fa iniziarono i lavori per il sottopasso di fronte a via della Conciliazione a Roma eravamo tutti certi che fosse l’ennesima opera a veder la luce anni dopo il termine previsto. E invece no. Lo scorso 23 dicembre, con comprensibile orgoglio il sindaco Gualtieri, affiancato dalla premier Meloni e dal ministro Salvini, ha inaugurato l’opera simbolo di questo Giubileo.

 

               

Quattrocentocinquanta giorni appena, tanto c’è voluto per incanalare in un nuovo tunnel di 300 metri il caotico traffico proveniente dal lungotevere e creare in superficie la nuova piazza Pia – completamente pedonale – dando vita a un’unica passeggiata da Castel Sant’Angelo sino a piazza San Pietro. Bellissimo. Foto di rito e applausi bipartisan per un’impresa ingegneristico-urbana davvero notevole. Certo a margine potremmo fare qualche critica ai particolari, dalle fontane – forse meglio definirle vasche d’acqua – alla povertà degli arredi urbani ma sarebbe, ammettiamolo, pretestuoso. Possiamo invece approfittare per guardare al recente passato di quest’area strategica oggi celebrata da tutti i giornali.

In effetti ci aveva già provato Francesco Rutelli nel 1996, in vista del grande Anno Santo del 2000, con un fantascientifico sottopasso che addirittura dal Palazzaccio avrebbe fatto riemergere le automobili all’altezza dell’ospedale Santo Spirito. Era decisamente troppo e così di revisione in revisione si ripiegò sul più modesto “sottopassino” che lasciava però immutato il caos all’imbocco di via della Conciliazione. Da oggi invece da San Pietro lo sguardo può traguardare ponte Sant’Angelo senza più incrociare una sola autovettura. Una prospettiva prodigiosa tra la più note al mondo è stata finalmente riconsegnata alla città. Su questo oggi concordano tutti senza distinzione di colore politico. Anche i giornali celebrano la nuova, sterminata, piazza da oltre 7.000 metri quadri; eppure, una simile enfasi era tutt’altro che prevedibile. Basta riprendere in mano gli articoli di cinquant’anni fa per rendersene conto.

Antonio Cederna, ad esempio, definiva via della Conciliazione “l’orrendo mostro” scagliandosi contro i suoi ideatori Marcello Piacentini e Attilio Spaccarelli. Il parere era condiviso da tutta la critica del dopoguerra. Tra i tanti interventi del fascismo, l’apertura di questa strada monumentale  rimaneva il simbolo di un’urbanistica scellerata in cui il “piccone demolitore” viene assunto come sinonimo della violenza architettonica di un regime sanguinario.

Oggi invece, la nuova piazza Pia conferma e anzi enfatizza quel grande cannocchiale prospettico in grado di restituire la visione completa della cupola di Michelangelo altrimenti impossibile (dalla piazza, infatti, non se ne vede che una porzione). La tentazione di stabilire allora vincitori e vinti appare irrinunciabile invece è proprio il contrario: la città e la sua architettura procedono per sovrapposizioni e talvolta anche contraddicendosi eppure ogni epoca ha una propria sensibilità nel giudicarla.