Animorum, davanti al Donizzetti (foto ChristmasDesign_Bg / Facebook)

Terrazzo

Il Natale a Bergamo è perfino creativo  

Giacomo Giossi

La città ha vissuto negli ultimi dieci anni una trasformazione radicale che ha attraversato il suo tessuto urbano e cambiato in profondità il suo carattere. Ora “Christmas Design”, la kermesse che tiene banco fino al 6 gennaio, diverte prima ancora che lasciare perplessi

È da poco arrivata l’alba su Città Alta mentre mi aggiro attorno alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Un uomo mi guarda, mi sorride e in un perfetto inglese mi avverte che la Basilica è ancora chiusa, aprirà in mattinata, anche se il “alle teen o’clooock” tradisce la cadenza orobica. Bergamo è una città profondamente mutata negli ultimi anni da quella della mia infanzia dove il custode della Basilica non solo non mi avrebbe mai parlato in inglese, ma non mi avrebbe proprio rivolto la parola e tanto meno sorriso. Mi avrebbe scrutato, quello sì, perché a Bergamo ci si guarda e ci si intende, o almeno così era, denunciando poi una cadenza tanto stonata quanto frutto di parole estorte a fatica dalla bocca. Uscita dal festoso 2023 segnato dalla collaborazione (anche questa inedita) con Brescia quali capitali della cultura, Bergamo ha vissuto negli ultimi dieci anni una trasformazione radicale che ha attraversato il suo tessuto urbano e cambiato in profondità il suo carattere, anche per la tragica esperienza vissuta durante la pandemia. Bergamo si rivela così non solo una città bancaria e industriale fatta di piccola, media e grande industria, ma una città che ha necessità di aprirsi al mondo mostrando la propria bellezza e la propria incredibile (e sorprendente) tenerezza che definisce più di tutto il resto una qualità della vita (oggi certificata con il primo posto nella classifica stilata dal Sole 24 Ore) che agisce nelle relazioni e nei quartieri che circondano Città Alta.

 

Il prezzo di questo cambiamento è quello tipico oggi dei centri urbani più attrattivi: gentrificazione e overtourism. E chissà che direbbe oggi il maestro Gianandrea Gavazzeni che già in un vecchio documentario Rai avvertiva che di veri bergamaschi ne erano rimasti ben pochi, adducendo ovviamente non a questioni genetiche, ma caratteriali, ora che la città in questo fine 2024 si presenta costellata in quasi ogni sua piazza da installazioni di luci più meno artistiche, ma tutte sotto l’insegna di un “Christmas Design”, nome della kermesse che tiene banco fino al 6 gennaio, che diverte prima ancora che lasciare perplessi. Diverte perché inaspettato e al tempo stesso appartato, come se non si volesse troppo disturbare e in fondo per nulla apparire.

 

 

Molte delle installazioni invitano infatti a meditare e a dimenticare lo stress quotidiano, oltre che a isolarsi ritrovando sé stessi in una sana e preziosa solitudine: nulla di più profondamente bergamasco. Così, superato il banco dei formaggi del mercato di piazza Mascheroni, è possibile raggiungere “Uncountable”, definito dai designer che l’hanno pensato un vero e proprio santuario per l’anima: l’apparenza è quella di un’enorme gabbia da voliera dentro alla quale qualche piccione si perde insieme a qualche umano. E ancora di anime si occupa “Animorum” che davanti al teatro Donizetti presenta alcune figure di luce. Una necessità di lenire un dolore interiore che rivela un senso ancora profondo di comunità e di religiosità. Sotto la patina di anglismi milanesi resiste così quella tenerezza provinciale di cui Bergamo è portatrice sana.