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Terrazzo

L'impero dei Sanaa. Senza fronzoli, ma nemmeno austeri

Giulio Silvano

Trasparenza e minimalismo sono le parole chiave, insieme a riduzione degli elementi e linearità. Freschi di Royal Gold Medal, Nishizawa & Sejima sono i nuovi protagonisti dell’architettura giapponese

La scorsa settimana il duo di architetti giapponesi Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa (alias Sanaa) ha vinto la Royal Gold Medal assegnata dal Royal Institute of British Architects. Il premio si unisce alla carrellata di statuine, targhe e Leoni d’oro collezionati negli ultimi anni dai due giapponesi. È vero, ci sono Tadao Ando, con quel suo brutalismo nipponico un po’ sacrale, e Toyo Itoō, lo sperimentatore postmoderno che gioca con le forme – una casa a U? Wow!  – ma è Sanaa oggi il japanese cool per eccellenza. 

Sono loro, Nishizawa & Sejima, i veri araldi della giapponesizzazione del mondo occidentale quando si parla di case, palazzi, musei. Senza fronzoli, ma nemmeno austeri. Lei, Sejima, accompagnata dal suo allievo di dieci anni più giovane, Nishizawa, dice che un edificio non è veramente completato finché qualcuno non ci va a vivere dentro, finché qualcuno non lo usa. I due sono l’esempio che si può essere partner nella vita e nel lavoro. Le riviste, i premi, menzionano sempre la parola armonia, l’elemento identificativo di un haiku, di una composizione floreale, l’ingrediente in tutto ciò che fa impazzire noi in occidente di questa ricerca dell’equilibrio, che sia in un disco di Ryo Fukui o in una ciotola di ramen.

Trasparenza e minimalismo le parole chiave di Sanaa, riduzione degli elementi, linearità senza essere rigidi, e come nelle vecchie case giapponesi, dove le foglie entravano dalla finestra col vento, un rapporto fluido tra esterno e interno. Palette bianca, che riflette, coperture leggere di alluminio anodizzato che cambiano tonalità con il passaggio delle nuvole. Basta andare al nuovo campus della Bocconi che, rispetto alla Milano-Gotham dei grattacieli di piazza Gae Aulenti, sembra un idilliaco giardino zen dove far passare l’ansia ai futuri sindaci o influencer (anche se alcuni hanno paragonato i cilindroni a grossi rotoli di carta igienica). Basta guardare la nuova aggiunta del Samaritaine, il grande magazzino chic del primo arrondissement, che con le sue facciate ondulate e irregolari fa sembrare il vetro qualcosa di morbido, rispecchiando perfettamente l’art déco originale, un altro modo di giocare con la natura, asiatico, contemporaneo. O il treno disegnato da Sejima che collega Tokyo a Saitama, dove le gigantesche finestre curve panoramiche ti fanno sentire in mezzo alle montagne del Chichibu (una cosa simile sul ponte della Libertà, in mezzo alla laguna veneta, sarebbe il sogno di ogni instagrammer). E poi lei, quella che la rivista Dezeen ha scelto come l’edificio più importante del 2005: la Moriyama House.

Nella lista di Dezeen anno per anno ci sono aeroporti, mega grattaceli di Dubai, boschi verticali, musei. Quella di Nishizawa e Sejima è l’unica casa privata. Il piccolo come esempio di grandezza. Blocchetti come zollette di zucchero su un quadrato di terra nel quartiere popolare e quasi multietnico di Kamata. Stanze separate da piccoli giardini. Finestrone su cui sedersi, con le gambe a penzoloni, per leggere un libro all’ombra di un albero. Da rivedere subito il film “Moriyama-San” del duo Bêka &Lemoine, una settimana in questa casa idilliaca, da romanzo, giapponesissima, e anche “Tokyo Ride”, con Nishizawa a bordo di una Giulia Alfa Romeo tra le strade della capitale.

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