
Foto Getty
Terrazzo
Grattacieli & Co. L'incubo dell'abitare americano
Mentre 35 edifici di Miami affondano centimetro dopo centimetro, il lussuoso Seaport 1 di Manhattan è talmente curvo da sembrare una banana. Come tantissimi altri edifici in tutta la Bay Area
Dopo gli incendi, ecco un altro grande tema immobiliar-catastrofico americano: gli sprofondamenti. Ben 35 edifici stanno pian piano affondando a Miami. E non solo alveari costruiti in economia, per vendere bilocali a pensionati canadesi. Anche edifici del genere definito “iconico”: il Faena Hotel col mammut dorato di Damien Hirst a bordo piscina, la Porsche Design Tower, il residence del Ritz-Carlton, le Surf Club Towers, la Trump Tower III e il Trump International Beach Resort. Cedono, centimetro dopo centimetro: il loro micidiale peso, che calca sulla friabile pietra calcarea, costringerà gli inquilini a sloggiare e dar lavoro ai più assatanati litigator? Nel frattempo, a Manhattan c’è il caso clamoroso di Seaport 1, che avrebbe dovuto essere un lussuoso grattacielo vetrato accanto al ponte di Brooklin, affacciato sui pier. 60 piani per 80 appartamenti lungo la striscia di Midtown detta “Billionaires’ Row”, uno di quegli indirizzi ambiti da azionisti e gestori di hedge fund, ricconi globali con vari passaporti, rapper imborghesiti, celebrities varie. Concierge, piscina a sfioro sul rooftop, spa, eccetera.
Nel 2017, sulla base di allettanti rendering inizia la vendita degli appartamenti. Nel 2019, i broker immobiliari, quando il grattacielo è ancora solo delineato nelle parti esterne e svetta con i suoi 205 metri tra le cento strutture più alte dello skyline di Manhattan, sono costretti ad ammettere con i compratori infuriati che c’è qualche problema. Il grattacielo è disallineato, pende tipo Torre di Pisa, sprofonda da un lato, è ormai a banana. E la cosa non è voluta, come nei 175 metri del Curvo milanese di City Life, progettato da Daniel Libeskind.
Il Fortis Property Group, proprietario del lotto di terreno composto di substrato roccioso e ghiaia, per scelta progettuale ha fatto iniettare calcestruzzo nel suolo, senza ricorrere alle consuete fondamenta a pali. La ditta incaricata della costruzione è l’italiana Pizzarotti che, pur avendo cantieri in buona parte del mondo, è agli esordi nel giro dei grattacieli newyorchesi. Pizzarotti sceglie come subappaltatore per la sovrastruttura di cemento un costruttore locale, la SSC High Rise. E proprio per responsabilità della SSC High Rise un povero operaio perde la vita. Cantiere bloccato per mesi. Poi, alla ripresa, cedimenti.
L’edificio si curva da un lato. Per compensare si cerca di curvarlo dall’altro. Pizzarotti vuole svincolarsi e rinunciare alla commessa. Intervengono agguerriti studi legali. Tutti contro tutti. Denunce, giudici, persino conflitti sui giorni lavorativi durante le festività ebraiche. A luglio 2020 tutto si ferma, mentre infuria il contenzioso tra Pizzarotti e Fortis. Nel 2023 la struttura abbandonata del grattacielo viene vandalizzata e coperta di scritte. Perizie e controperizie dimostrano che il grattacielo non crollerà, ma ormai nessun broker lo ritiene vendibile. Ingegneri strutturisti prestigiosissimi esaminano tutta la Bay Area e constatano che gli edifici inclinati sono una gran quantità, ma non essendo grattacieli residenziali di lusso, la loro forma non importa a nessuno, e la gente continua a viverci più o meno tranquillamente.