Col doppio Giubileo e il Pnrr Roma sta diventando Milano

Michele Masneri

La locomotiva d’Italia arranca, la Capitale invece sta facendo progressi: così si assottiglia la solita corsa a due. Efficiente, costosa, e senza alberi, Roma attrae sempre più ricconi 

Tra “Salva Milano”, la nuova questione morale, le gintonerie che non sciabolano più, è chiaro che la locomotiva d’Italia arranca. Roma invece sta facendo progressi. Così si assottiglia la solita corsa a due, perché le vere metropoli in Italia sono sempre e solo quelle. Mentre a Milano serpeggia una certa sensazione di fine ciclo, a Roma si va avanti “a tutta callara”. Prendiamo il mercato immobiliare: Roma è cresciuta più di Milano, ma al solito la città non lo sa comunicare. Qui non abbiamo ancora prodotto per esempio gli scrittori della spoon river urbanistica, non c’è un Jonathan Bazzi che denuncia il loft umido e sottodimensionato, né una Lucia Tozzi già autrice di un dolente pamphlet sulla gentrification e oggi Crudelia De Mon dell’Area C che guida la Carica dei 101 intellettuali contro  Stefano Boeri; non c’è un’omologa a Roma sull’imborghesimento mettiamo di Torpignattara – che già dal nome, Torpigna, fa subito Vanzina, e viene da ridere. Roma è sempre da ridere, e  in ritardo. 


Eppure qualcosa succede. Anche come usi e costumi. L’altro giorno su Instagram ho visto un dj set su un terrazzo vicino a casa mia. Quella casa mi è sembrata familiare, e infatti: organizzato da un’agenzia immobiliare, era un open house musicale, di un annuncio che avevo visto online (a questo Milano non mi sembra ancora arrivata). Anche gli influencer del mattone, fenomeno che pareva esclusivamente milanese, hanno una loro equivalenza romana. Certo, il capostipite resta Gianluca Torre, ormai santo patrono degli immobiliaristi nouvelle vague, ma anche a Roma non scherzano. Con lo stile locale, dunque più sgangherato, più espressionista, più “in esterna”: c’è un tizio che è la nostra passione, uno che sembra uscito da "Poveri ma belli", col completone della Rinascente, si china e gli cadono le chiavi, va in vacanza (a petto nudo, perché gli agenti immobiliari sono i nuovi maggiorati fisici) e lo chiama la cliente per fare la proposta. Insomma siparietti teneri da avanspettacolo. E chissà chi comprerà mai casa da questi buffi personaggi.

 

Forse non i gran ricconi, che sono arrivati in massa. Non c’è cena in cui non ti ritrovi accanto qualche super-ricco estero o di ritorno, sedotto dalla tassa Renzi (prima fissata a 100, poi raddoppiata a 200 mila euro l’anno tutto compreso). Il più curioso è forse Jean Pigozzi, l’erede della Simca, collezionista e mondano da Costa Azzurra, che ha deciso di prendersi un palazzo al Salario. I Rocca argentini dell’acciaio hanno pure loro preso magione e residenza (anche, con benefiche ricadute sulla città, divenendo top donors del Maxxi). 


E poi c’è la solita processione di attori e registi che traslocano, perché non c’è Trump, il cibo è buono, non ci sono le polveri sottili di Milano, il MeToo non è mai arrivato e anche il woke è morto durante la traversata (ormai non c’è trattoria dove non ti imbatti almeno in un Russell Crowe, subito  trasformato nel Marziano di Flaiano (“ancora Crowe, che palle”). Il mare poi è vicino (alla Farnesina raccontano che il nuovo ambasciatore americano, il magnate dei ristoranti Tilman Fertitta, 10 billion di patrimonio, “il ristoratore più ricco del mondo”, abbia espresso il desiderio di risiedere nel suo yacht e non nella residenza ufficiale del Pinciano. Starà ancorato a Ostia).  Dunque, prossimo 4 luglio barbecue galleggiante? A Ostia? Mah.


Intanto, trovare un cartello vendesi/affittasi a Roma è diventato impossibile. I prezzi sono aumentati almeno del 30 per cento negli ultimi due anni, quella fascia che un tempo era tipicamente milanese (quella che parte da 10 mila al metro quadro) è ormai considerata la norma. E forse è giusto: Roma, va detto, ha ricominciato a funzionare. Le metropolitane passano veloci e puntuali, i turisti non muoiono più schiacciati nelle scale mobili che addirittura funzionano (a differenza di molte a Milano).  Merito anche del Giubileo, che per Roma è quello che l’Expo è stato per la città lombarda (il Giubileo è l’unica grande kermesse che Roma riesce a non farsi fregare, a meno  che un Tar decida che è contendibile, tipo Festival di Sanremo non a Sanremo, e allora faranno a Milano anche il Giubileo. Magari quello del ’33  in bilocazione tipo Milano /Cortina). Si perché questo Giubileo  infatti sarà doppio: dopo il ‘25 ci sarà quello  di Gesù, una doppietta rarissima che permetterà di spacciarci per una città normale per ben otto anni (Roma, si sa, non concepisce  il concetto di manutenzione: ogni venticinque anni si spacca tutto e si rifà da capo, e avanti così per i prossimi venticinque).   


Intanto gli alberghi per sibariti globali sorgono col favore delle tenebre, capitanati dal lussureggiante Bulgari di piazza Augusto Imperatore che sembra l'ufficio postale di Latina ristrutturato da un ex sportellista che ha vinto al Superenalotto, tra palmizi e marmi, fino alle decine di cinque stelle sparsi e diffusi. Persino i tassisti sono diventati improvvisamente gentili e protestano meno se paghi con la carta. Certo, non si può avere tutto: molte opere pubbliche sono un po’ così così, tra piscinette e piazzette che paiono progettate da geometri con l’intelligenza artificiale (cinese), e una qualità dei lavori che fa alzare il sopracciglio all’umarell diffuso. Ah, e poi c’è il verde massacrato. Se nel resto del mondo copiano l’ideale di campagna nato a Roma (chiedere a Rem Koolhaas), qui, via tutti i pini, anche quelli non malati. E’ il nuovo corso. Decimati interi parchi. Per far posto alle nuove alberature e aiolette e magari boschi verticali (intanto si fanno fuori quelli orizzontali). 

 

L’opposizione ha fatto un esposto sostenendo che, pur di "mettere a terra" (espressione orrida, ma qui letterale) i fondi del Pnrr (perché oltre al doppio Giubileo c’è pure il Pnrr), si stanno abbattendo pini sani per piantare lecci e ligustri che – se va bene – diventeranno grandi tra vent’anni. Ma la manutenzione, e la potatura, si sa, non rendono. Con essenze ed estetiche oltretutto da villetta brianzola: ma forse questo è l’obiettivo. Trasformare Roma in Milano. La Roma del futuro non avrà insomma più la faccia della città che aveva stregato Goethe: senza i suoi pini e le sue fronde, diventerà invece una grande San Babila (ma tenuta male, vabbè).

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).