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Terrazzo

Addio a Ricardo Scofidio, che ha trasformato lo spazio in esperienza

Manuel Orazi

In pochi sono stati più schivi e hanno avuto un impatto così profondo come Scofidio, morto a New York all’età di 89 anni. Tra sperimentazioni artistiche e progetti iconici, ha raccontato il dinamismo del corpo umano negli spazi. Con il suo sodalizio con Elizabeth Diller, ha segnato un'era nell'architettura contemporanea.

Pochi architetti sono stati più schivi di Ricardo Scofidio, morto a New York dov’era nato nel 1935 da una strana coppia multirazziale di un sassofonista jazz e una mamma musicista. La sua formazione è stata meno strana: studia prima alla Cooper Union, l’unica dove non si deve pagare una retta universitaria impossibile, e poi alla Columbia, laureandosi nel 1960. Vince una borsa per stare un anno a Firenze, dove chiede chi sia il professore più bravo in città e quasi tutti gli indicano Leonardo Ricci. Bussa allora al suo studio, il professore non può pagarlo ma quando il giovane architetto gli spiega che non serve perché ha la borsa, lo assume e parte così un sodalizio straordinario a Monterinaldi, il sobborgo tutto costruito da Ricci. Di giorno Ricci progetta una villa pazzesca come quella Balmain all’isola d’Elba, di notte accompagna Scofidio a visitare Monteriggioni o la chiesa sull’autostrada di Michelucci con la sua Giulietta Alfa Romeo bianca – Scofidio invece opterà per una Lancia Aurelia B20 coupé. Sembra Il sorpasso, che arriverà solo un paio di anni dopo, dove Scofidio è Trintignant e Ricci Gassman: vulcanico, spericolato alla guida, esuberante – era infatti anche pittore e artigiano. Scofidio torna a Manhattan con il ricordo di grandi architetture e grandi automobili, diventandone collezionista: ancora alla fine dei suoi anni al diciottesimo piano fra 601 West e la 26esima Strada, la sua scrivania era incassata in una parete tutta addobbata da modellini di auto, di volanti, di carrozzerie.

Dopo un matrimonio e quattro figli, insegna alla Cooper Union diretta da John Hejduk dove conosce Elizabeth Diller, con la quale apre uno studio insieme e tiene corsi, molto sperimentali, fatti di dialoghi e usando molto i video e libri stranissimi come Flesh: Architectural Probes del 1995. Il dinamismo, l’esperienza del corpo negli spazi – espressa attraverso video – sono al centro dell’interesse dello studio che nel 2002, poco dopo cioè aver incluso Charles Renfro come socio, sul lago di Neuchatel realizza un edificio collegato da un leggero pontile alla terra, un edificio che scompare in una nuvola di vapore acqueo, un’esperienza artistica e corporea del tutto inedita che segna finalmente il passaggio a una fase operativa dello studio. Pochi anni dopo realizzano l’Institute of Contemporary Art di Boston, quindi la High line, la conversione di una vecchia ferrovia sopraelevata di Manhattan in parco lineare, modello ancora attuale e imitatissimo nel mondo dove l’atto più importante del progetto è la passeggiata che ci si può fare, ancora una volta cioè il dinamismo del corpo su una struttura. In generale Scofidio procedeva sezionando i concetti trasformandoli in spazi. Negli anni Diller è diventata la frontman dello studio, molto impegnata peraltro anche all’Università di Princeton, mentre Scofidio è rimasto un orso, praticamente muto in pubblico tranne quella volta a Firenze nel 2008 quando, interrogato a sorpresa sul suo vecchio sodalizio con Ricci si confidò alla Fondazione Targetti. “Quando ci sono intoppi o impedimenti, mi impegno a trovare una soluzione” e il suo contributo è stato certo importante anche per gli altri grandi progetti recenti dello studio, lo Shed di New York (un edificio che si muove), l’ampliamento del MoMA, il Museo The Broad a Los Angeles.  

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