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Terrazzo
Fuorisalone Farnesina: arte e design, non solo ministero degli Esteri
Con le sue 1.300 stanze, lunga 169 metri, alta 51 e profonda 132, la Farnesina è il secondo edificio più grande d’Italia, dopo la reggia di Caserta. E' visitabile insieme alla collezione d'arte nata nel 2000
Mentre il vecchio equilibrio mondiale nato a Yalta sembra perduto per sempre, e le guerre si dichiarano in chat, anche i diplomatici hanno i loro guai. E dunque quale gita migliore della Farnesina? Che non è solo il ministero degli Affari esteri: è un universo a sé, un labirinto di diplomazia, emergenze e bellezza artistica nel palazzone vagamente kafkiano che sorge sotto Monte Mario. Come molti edifici degli anni Trenta a Roma era progettato per un futuro glorioso e poi sappiamo com’è andata. Nasceva sulla carta nel ’37 come Palazzo Littorio, cioè sede del Partito fascista, ideato dal solito Del Debbio già facitore del Foro italico (ogni volta che salta fuori Del Debbio, uno dei top archistar del regime, mi viene il dubbio di una parentela col giornalista Mediaset, che a un certo punto ho chiamato e ha risposto spiritosamente “no, nessun architetto in famiglia. Però ho uno zio geometra”). La storia, come una grande Scia, ha cambiato la destinazione d’uso: il ministero degli Esteri prima stava a Palazzo Chigi (vedi Malaparte in “Kaputt”) e prima ancora alla Consulta dove oggi ha sede la Corte costituzionale.
E oggi con le sue 1.300 stanze, lunga 169 metri, alta 51 e profonda 132, la Farnesina è il secondo edificio più grande d’Italia, dopo la reggia di Caserta. Partiamo “top down”, dal quinto piano (il palazzo è altissimo ma è una specie di grattacielo orizzontale, una enorme “palazzina” secondo il modulo preferito dell’urbanistica romana). Ecco l’Unità di crisi. “Attiva 24 ore su 24, ha il compito di monitorare situazioni di emergenza che coinvolgono cittadini italiani all’estero” ci spiega il ministro plenipotenziario Nicola Minasi che la dirige (nella strana gerarchia diplomatica, c’è un ministro, e un Segretario generale, e tanti ministri plenipotenziari e segretari d’ambasciata oltre ai più ovvi ambasciatori). Nata informalmente negli anni Ottanta e poi istituzionalizzata nel 2000, l’Unità si avvale di strumenti di intelligence avanzati per anticipare gli eventi e coordinare interventi tempestivi. “Monitoriamo tutto quello che accade nel mondo, dalle emergenze sanitarie agli attacchi terroristici", dice Minasi. Ma ci sono anche tabelloni che segnalano la presenza di italiani all’estero nell’orbe terraqueo, direbbe qualcuno, e poi delle stanzette con dei lettini per i diplomatici che dormono qui durante le crisi. “Un team di esperti che include diplomatici, informatici, Carabinieri e analisti, l’Unità di crisi utilizza software innovativi come il sistema First Alert, capace di intercettare segnali di pericolo attraverso i social media prima ancora che le notizie raggiungano la stampa. Può sembrare poco, ma a volte fa la differenza”. Mentre giovani diplomatici stanno lì a monitorare segnali e notizie, e pure giornalisti dispersi in giro per il mondo che si mettono nei guai. Quindi ci odiate, chiedo. “Ma no, però certe testate sono ottime nel tutelare il personale, altre meno”. Ci faccia subito i nomi. Niente. Il diplomatico è, giustamente, diplomatico.
Qui c’è anche il portale Viaggiare sicuri, che viene costantemente aggiornato. A collegare le parti del palazzo una lunga balconata aperta, una specie di tunnel del vento con opere della collezione d’arte che negli anni si è arricchita. Spuntano sculturine del radical architetto napoletano Riccardo Dalisi. “L’arte qui non è solo decorazione, ma un vero strumento di diplomazia culturale. Molte vengono prestate per mostre internazionali”, dice la funzionaria culturale Donatella Brindisi tra gli enormi Carla Accardi e Cucchi e l’arte povera nel corridoio del Cerimoniale. La collezione d’arte della Farnesina, aperta nel 2000 per volere dell’ambasciatore Umberto Vattani, conta 700 opere dal Futurismo alla Transavanguardia, il tutto nella “splendida cornice” di applique e lampadari di vetro di Venini concepiti da Del Debbio secondo un modulo elaborato da Carlo Scarpa. Se fossimo a Milano ci avrebbero fatto subito un Fuorisalone, se arriva Elon Musk e decide che i diplomatici non servono più sarebbe un perfetto Hotel Bulgari 2 con tutti questi marmi scicchissimi.
Se non c’è l’hotel c’è però tutta una geopolitica dei bar: quello al quinto piano è stato da poco riaperto; il più gettonato è quello al rialzato. Al primo piano, quello del ministro, c’è un Florian che non ha il fascino del suo omonimo veneziano, e Tajani pare lo disdegni. Ci vanno però dei congiurati approfittando proprio della solitudine, facendo finta di mangiare dei toast, raccontano. Le vere congiure però si tengono ai “grottoni”, polverosi magazzini al piano meno uno dove i congiurati si sommano ai fumatori, si dice. C’è anche la leggenda del tunnel segreto che collega al Tevere, voluto da Mussolini, ma nessuno l’ha mai trovato (forse quando arriverà il prolungamento della Metro C proprio alla Farnesina).
Al piano zero c’è invece l’archivio diplomatico; spiegano le responsabili Paola Busonero e Federica Onelli: “Abbiamo documenti che risalgono a oltre un secolo fa. Molti di questi sono ora digitalizzati e consultabili online, per garantire un accesso più ampio agli studiosi”. Infine la biblioteca. Tra i vari volumi, uno del 1627, “L’ambasciatore”, del dottor Gasparo Bragaccia, manuale su come entrare in carriera diplomatica (“era un vero bestseller all’epoca”, dice il capo della biblioteca Domenico Iuorio). Un Simone ante litteram per l’esame ancor oggi più ambito dell’amministrazione italiana, quello che fa accedere a questi marmi. Il palazzo è visitabile il prossimo 15 aprile su prenotazione, in accordo col Touring Club italiano.