Foto Getty

Terrazzo

Dai booktoker ci salveranno i libri brutti

Giulio Silvano

Dal kitsch al trash, con un po’ di doppio senso, provincialismo e squallida goffaggine. Il nuovo volume di Auroro Borealo e Davide Rossi raccoglie tutte quelle chicche letterarie che sembrano meme, eppure esistono davvero. L’opposto della vanteria da “bottino” del Salone del libro

Tutti a farsi i selfie al Miu Miu Literary Club, illusione di lusso per le giornaliste editoriali ed ennesima appropriazione culturale da parte del mondo della moda milanese. Tutti da tempo ormai a postare copertine per elevarsi, copertine che spesso vengono disegnate dai grafici proprio per essere condivise sui social. Bookinfluencer assunte da Repubblica. Pastello Adelphi nell’era della sua riproducibilità instagrammabile, vecchio Einaudi da bancarella come status symbol della bolla. Fotografare ormai equivale a leggere. Ma c’è anche chi usa lo stesso metodo per andare nell’altra direzione, come il bresciano millennial Auroro Borealo, cantautore già di cult come “Cologno Lord” e che – dice nella bio – da anni porta avanti attività di ricerca e divulgazione del “diversamente bello”. Da un po’ Borealo è attratto dagli scarti, dalle chicche cringe, dalle autopubblicazioni disagevoli, da quei libri che per qualche motivo ci fanno ridere – o piangere – per quanto ridicoli, specchio delle pulsioni peggiori di un’Italia vanzinesca e monicelliana nel cuore, libri che sembrano meme ma che esistono davvero. Scritto insieme a Davide Rossi (con tanto di dedica a Tommaso Labranca), Il libro brutto dei libri brutti, edito da Blackie è un approfondimento di alcuni di questi volumi selezionatissimi della pagina Instagram di Borealo, Libri brutti. Forse il primo caso in cui c’è da gioire quando una pagina Instagram diventa un volume cartaceo.

  

Ci sono autori noti, personaggi pubblici, o sconosciuti totali, piccoli Bouvard et Pécuchet convinti che il proprio Pov sul mondo meriti 300 mila battute, c’è chi se la crede e chi forse già nella fase della creazione sapeva cosa stava producendo, cioè qualcosa di macchiettistico. I libri brutti non hanno caratteristica precisa se non essere, appunto, brutti a pelle, l’opposto della vanteria da “bottino” del Salone del libro, come si dice sempre sui social, dimenticandosi il senso piratesco del termine (se non lo rubi, non è bottino). E quindi nella selezione di Borealo gli ingredienti sono: un po’ kitsch e di trash, un po’ di doppio senso, un po’ di provincialismo, un po’ di copertine fatte dal cugino che sa usare Paint, e un po’ di squallida goffaggine. Questa, nel caso dei nomi famosi, spesso spinta da un mondo editoriale che snatura l’oggetto libro per il profitto cieco (vedi Le barzellette di Totti). Ci sono Wanna Marchi e il senatore Razzi, il pedo-disturbatore Paolini, Jovanotti da giovanissimo, Licio Gelli, comici dimenticati di Zelig.

   

Titoli come Scoreggiare meglio o Sgarbi, amore mio. Editori come Monolito, Zibaglione, Nautilus e ovviamente youcanprint. Classici come il manuale dell’allora vicepresidente del consiglio De Michelis sulle discoteche, e testi cult introvabili come Tutti poeti con Claudio, opera posta sotto sequestro dall’autorità giudiziaria, dove le canzoni di Baglioni vengono dissezionate per mostrare i presunti plagi da Pavese. “Adorerei essere ricordato come il più grande esperto e collezionista italiano di libri brutti”, dice Borealo, che continua la sua operazione sui social postando La culeide, Mammaziotta (cioè, mamma + poliziotta), il romanzo La mafia del culo, Jerry Scotter e la pietra filosocietica e, ovviamente, il memoir di Davide Lacerenza, Vergine, single e milionario. Il pericolo è che l’editoria cavalchi il trend e inizi a fare apposta dei libri brutti.
 

Di più su questi argomenti: