Come essere liberali in luoghi dove ciò equivale a essere conservatori e reazionari? Lo scrittore in "Sciabole e Utopie": "Molto prima dell’economia, è la cultura a differenziare la civiltà dalla barbarie e a dare vita e calore alla democrazia"
In questa sua sontuosa prefazione allo Sciabole e Utopie di Mario Vargas Llosa (Macerata, liberilibri, 2020), Augusto Mingardi scrive che “liberali” non ci si nasce, e bensì ci si diventa. A furia di sperimentare, ragionare, conoscere regimi e circostanze politiche che vanno cambiando nel tempo e che richiedono un mutato giudizio da chi ci ragiona sopra. E difatti di tutti i grandi intellettuali contemporanei il “liberale” o meglio liberal Mario Pedro Vargas Llosa, nato in Perù nel 1936, è geograficamente e sentimentalmente uno dei più ubiqui, uno che ha calpestato territori i più diversi. Dopo aver trascorso la sua infanzia in Bolivia (al seguito del nonno materno console onorario del Perù in Bolivia), è andato su e giù per il Sud America a far valere i suoi giudizi politici e morali su paesi nei quali avveniva ogni volta il finimondo, a cominciare dalla Cuba castrista di cui lui era stato originariamente un ammiratore.
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