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L'ultimo libro di Matzneff, un grido disperato che sa di abbandono e amore tradito
"2020 l’horrible année": sono le mail ha mandato agli amici e alle amiche rimastigli vicini dopo che è diventato un paria. Questo è stato l'effetto di Vanessa Springora, la quale da quattordicenne aveva avuto con lui un’intensissima relazione amorosa. Per poi accusarlo
Gabriel Matzneff è uno scrittore francese ottantaseienne la cui vertiginosa discesa agli inferi, quanto alla reputazione che di lui ha oggi la buona parte della società francese, è ben nota ai lettori del Foglio. Tanto più che è stato Giuliano Ferrara nel 2021 a tradurre in italiano (per Liberilibri) Vanessavirus, il libro di Matzneff che nessun editore francese aveva voluto pubblicare. In una mail inviata a Ferrara il 29 dicembre 2020, Matzneff gli scriveva che aveva appena consegnato a una stamperia di Bordighera, la cittadina ligure in cui lui aveva passato la gran parte dell’anno, quello che sarebbe stato l’ultimo suo “bebè letterario”. Ovvero l’ultimo di una serie copiosa tra romanzi e saggi che avevano fatto di Matzneff uno dei maggiori scrittori francesi degli anni a cavallo tra il Novecento e il Duemila. Per nostra fortuna non è andata così, e ho appena finito di leggere il nuovo “bebè letterario” di Matzneff.
Andiamo con ordine. Il Vanessavirus era stato edito a spese dell’autore in 190 esemplari su carta normale e 13 esemplari su carta di lusso, secondo un criterio corrente in Francia, patria della bibliofilia e dunque dei collezionisti che smaniano per gli esemplari su carta di lusso. Era un libro che faceva da risposta al violentissimo pamphlet (Le Consentement, Grasset, 2019) che Vanessa Springora – una scrittrice francese men che cinquantenne la quale da quattordicenne aveva avuto un’intensissima relazione amorosa con un Matzneff cinquantenne – gli aveva scaraventato contro: accusandolo di aver approfittato della sua giovane età, di averla a suo tempo ingannata e “usata”, a cominciare dal fatto di avere altre “storie” nel mentre che duettava sentimentalmente con lei. Ne era venuto che Matzneff, un autore sino a quel momento riconosciuto e amato in Francia, s’era trasformato d’un tratto in un “paria”, che contro di lui venisse aperta un’indagine penale tuttora in corso, che il suo peculiare editore francese (Gallimard) si rifiutasse adesso di pubblicare alcunché di suo, che molti degli scrittori suoi amici smettessero persino di pronunciarne il nome, che innanzi al portone della sua casa parigina si schierasse una muta minacciosa di femministe che lo volevano morto. Se oggi entri in una libreria parigina a chiedere un libro di Matzneff, il libraio impallidisce.
E’ la condizione che lo scrittore francese documenta con il suo nuovo e recentissimo “bebè” di cui vi avevo detto, 2020 l’horrible année, anch’esso autoedito rispettivamente in 190 copie su carta normale e 13 su carta di lusso com’era stato del precedente. E’ un libro secco, disperato, asciutto. Sono le mail (in francese émiles) che per tutto il 2020 Matzneff ha mandato agli amici e alle amiche rimastigli vicini, a tre donne che ha amato e di cui offre solo il nome di battesimo, a Bernard-Henri-Lévy, a Maurizio Serra, a Alain de Benoist, all’avvocato Henri Fabre-Luce, a Catherine Millet, la scrittrice e critica d’arte alla quale Matzneff si rivolge così: “Gli scrittori di gran nome che abbiano preso le mie difese si contano sulle dita di una mano: Dominique Fernandez, Alain Finkielkraut, Franz-Olivier Giesbert e Bernard-Henri Lévy. Lei è la quinta”. Matzneff scrive che quando a fine Ottocento l’opinione pubblica londinese si scagliò contro Oscar Wilde perché omosessuale, Wilde aveva quarant’anni ed era in perfetta salute. Lui al contrario di anni ne ha oggi ben 86 e da tempo soffre di un tumore. Alcuni dei suoi libri sono stati ritirati dal commercio. Il ministro francese della Cultura ha cassato i poco meno di mille euro che il Centre National du Livre pagava mensilmente a Matzneff in ragione del suo rango di scrittore e della sua età. Contro una pensione di poco più di 800 euro mensili lui deve pagare per il suo studio un affitto di 600 euro mensili. Niente di strano che in questi mesi, lo scrive in 2020 l’horrible année, lui chiedesse ai suoi amici come e dove fosse andato in Svizzera l’italiano Lucio Magri per poi al terzo di quei viaggi porre fine alla sua vita.
Eppure il cuore di questa drammatica faccenda sta altrove. Non ho fra i dodici libri di Matzneff che se ne stanno su uno scaffale della mia biblioteca né l’ho trovato su internet il suo libro del 1995, La prunelle de mes yeux, dove lui raccontava il tempo del suo amore con la quattordicenne Vanessa, un amore di cui dice che fu intensissimo da entrambe le parti e niente affatto il gioco di un uomo maturo che si approfitta di una minorenne. A testimoniarlo basterebbero le lettere che Vanessa gli mandava e che lui conserva, lettere che volentieri le avrebbe messo a disposizione se lei gli avesse detto che voleva scrivere un libro su quel loro rapporto apparentemente scandaloso di trentacinque anni prima. “Tutto sommato, del rumoroso vomito dei sicofanti me ne sbatto i coglioni. Il solo e vero mio dolore sta nello sconcertante tradimento di Vanessa. C’eravamo così tanto amati”, scrive Matzneff.
Del resto sono trenta o piuttosto quarant’anni che Matzneff lo raccontava nei suoi libri quanto gli piacessero le ragazze giovani giovani ma talvolta anche i ragazzi giovani giovani. Lo raccontava con un misto di spavalderia e naturalezza, come di cose che fanno parte dell’infinito romanzo della vita; e comunque Matzneff ci tiene a sottolineare che la sua fedina penale è perfettamente immacolata. Se non sbaglio tra i libri di Matzneff ritirati dal commercio c’è un suo diario del 1988 divenuto un libro pubblicato da Gallimard nel 2007, Les Demoiselles du Taranne, una cui copia sta in questo momento sulla mia scrivania. Il Taranne era un albergo a due stelle situato sul boulevard Saint-Germain e che non esiste più. Matzneff ci si era installato il 2 aprile 1987, e dunque al tempo del suo squassante amore per Vanessa. Dalla fine (dolorosissima) di quell’amore nacque un romanzo, Harrison Plaza, e questo bellissimo diario del 1988.