Una copertina di "Blue" edito da Francesco Coniglio

uffa!

Gli anni roventi di Francesco Coniglio, editore eroico di fumetto erotico

Giampiero Mughini

Addio a un amico generosissimo e insostituibile, morto nella notte tra giovedì e venerdì. Il suo mensile "Blue" è stato un caposaldo dell'erotismo italiano, arrivato a vendere più di ventimila copie a botta

È arrivata nella notte tra il 6 e il 7 luglio la notizia lancinante che da qualche giorno temevamo tutti noi che avevamo amorevolmente frequentato gli innumerevoli e talvolta sontuosi libri e riviste da lui edite e dedicate innanzitutto al fumetto e alla musica contemporanea. Appena sessantaseienne, il cuore del piccolo grande editore Francesco Coniglio s’era fermato. Dacché l’ictus lo aveva colpito, una domenica dei primissimi giorni di giugno, i messaggi che ci mandava Laura Scarpa, una raccontatrice a fumetti veneziana che aveva contato eccome nella vita di Francesco, erano strazianti. Non c’erano più speranze. I medici dell’ospedale romano Umberto I dov’era stato ricoverato non riuscivano a rappezzare le varie parti del corpo leso di Francesco. Quel gran corpo che nei suoi momenti migliori pesava 140 chili e nei momenti peggiori 180 e oltre, e che faceva da plateale indice della sua inesauribile voracità. Voracità di cibo oltre che di fumetti erotici (a raccontare i quali aveva fondato e diretto dal 1991 al 2009 il mensile Blue che era arrivato a vendere 20 mila copie a botta), di dischi in edizione originale di Lucio Battisti (ne aveva collezionati qualcosa come 400), di quel che erano e facevano negli anni Sessanta i frequentatori del famoso locale romano chiamato Piper (su cui aveva edito Le ragazze dei capelloni, un imperdibile libro del 2010 curato da Franco Brizi), degli scrittori italiani i più giovani e irregolari di cui aveva assicurato la pubblicazione al tempo del suo sodalizio editoriale con Alberto Castelvecchi. Era stato Coniglio a far da tramite tra la casa editrice Arcana e lo stesso Brizi perché ne venisse fuori nel 2013 il tomone Volo magico, quel monumento di carta eretto al progressive rock italiano.

 

E ancora. C’ero anch’io una ventina d’anni fa nella saletta romana del Palazzo delle Esposizioni dove stavamo presentando il primo volume delle storie a fumetti di Guido Crepax, storie di cui Coniglio voleva apprestare l’edizione completa quale si addice a un maestro dell’immaginario erotico dei Sessanta/Settanta da cui tantissimi di noi sono stati marchiati a vita. Solo che per motivi che a me risultano misteriosi i libri di Crepax in Italia si vendono poco e quell’edizione si arrestò al secondo volume. E dire che portano la firma di Crepax due dei libri in assoluto i più smaglianti tra quelli pubblicati nell’Italia del secondo dopoguerra. M’è mancato il fiato la volta che sono stato alla casa/museo di Franco Maria Ricci a Fontanellato e ho visto appiccate al muro le tavole originali di Crepax da cui scaturirono nel 1975 le 900 copie serigrafate e firmate de L’Histoire d’O edite “sous la direction artistique de Franco Maria Ricci”. Altrettanto ipnotizzante e stampato anch’esso in 300 copie numerate e serigrafate è il massiccio Lanterna magica del 1978, un’epopea della Valentina più tumultuante, più rovente. Se non sbaglio, l’ipotesi di pubblicare in un’edizione completa e accurata le storie di Crepax (di cui il 15 luglio 2023 scattano i novant’anni dalla nascita) la stanno prendendo in considerazione alla Nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi.

 

Da editore Coniglio alzò bandiera bianca nel 2011. Il pubblico di chi andava alle edicole a comprare fantasmi di carta era andato facendosi più rado. L’ultimo numero di Blue da lui pubblicato nel 2009, il numero 200, aveva venduto meno di 2.000 copie rispetto alle 20 mila dei tempi aurei. Un altro libro cult tra quelli da lui editi, il librone dedicato da Michele Neri al grande Lucio Battisti, stava vendendo 650 copie di un’edizione da 1.500 esemplari, laddove pochi anni prima li avrebbe esauriti rapidamente tutti. Piccolo ed eroico grande editore, Coniglio era stremato. Gli ultimi anni, oltre che a lottare con quel suo gran corpo che non ne voleva sapere di pesare meno di 150 chili, li ha passati a curare riviste edite da altri, a impaginarle, a titolare i pezzi, a scegliere le foto. Quel lavoro che per lui era una necessità vitale, un modo di stare al mondo. Purtroppo il dover portare a spasso quei chili a centinaia andava sempre più precludendo la sua mobilità, quel rito fraterno che per me erano le cene a tre con lui e con Brizi erano sempre più spaziate l’una dall’altra. Brizi mi ha raccontato che il sabato era andato a casa di Coniglio, che avevano parlato a lungo di libri da costruire, finché Francesco non annunciò felice che era venuto il momento di mettersi in tavola, di onorare il cibo. Alla notte successiva, l’ictus. Nessuno di noi ha potuto vederlo nelle quattro settimane che è durata la sua agonia. Laura gli trasmetteva i segni del nostro affetto. Lui li ricambiava. I medici si dicevano dubbiosi che potesse riacquistare la sua mobilità. Poi la morte.

 

Solo che sono arrivato alla fine del pezzo e mi accorgo che non ho detto nulla del Coniglio reale, dell’amico generosissimo e insostituibile che lui è stato per trent’anni. Gli devo quasi tutto in fatto di conoscenza degli autori i più rinomati nel raccontare a furia di nuvolette parlanti e meglio ancora se sotto quelle nuvolette stavano delle immagini erotiche. Se ho incontrato quel genio strafottente di Filippo Scozzari, un artista del fumetto della scuola bolognese del Settantasette meno conclamato di Andrea Pazienza ma che non gli è in nulla inferiore, lo devo interamente a Francesco. Fu lui a dirmi che era pronta la tavola che avevo commissionato a Scozzari, il mettere in immagine una situazione erotica appartenente a un romanzaccio che avevo scritto trent’anni fa. Una tavola bellissima che se pubblicata andrebbe in cella l’intera redazione del Foglio, da Claudio Cerasa ad Annalena Benini. Fu lui a mettermi in contatto con Paolo Eleuteri Serpieri, altro fuoriclasse del fumetto erotico, e a darmi il numero del telefono di Franco Saudelli. Mai più avrò un amico così. Addio, Francesco.

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