Uffa!
Nella meraviglia di Caserta si nasconde una gloriosa storia di sport
Epica storia di una città da scoprire, "Scugnizzi" la serie televisiva su Rai 2 che racconta il trionfo della Juvecaserta contro l'Olimpia Milano in finale per il titolo italiano
Non la finisci mai di scovare le bellezze della provincia italiana. E a parte il fatto che il termine stesso di “provincia” suona male quando stai parlando di una città quale Como dove giganteggia la Casa del Fascio cui l’architetto razionalista Giuseppe Terragni diede vita nel 1936, della Siena dove i cavalli galoppano a rotta di collo lungo lo strabiliante percorso del Palio, della Padova dov’è da sturbo la Cappella degli Scrovegni su cui ha lasciato il suo marchio Giotto e tanto per dirne uno solo dei mirabili edifici che la fanno rifulgere, o magari della Caserta dove la Reggia approntata fin dal 1752 da Luigi Vanvitelli e frequentata l’anno scorso da 772 mila visitatori fa vacillare quella pur mirabile Reggia di Versailles costruita a partire dal 1623 per volere di re Luigi XIII.
Ecco, ho detto Caserta. Da dove aveva preso a mandarmi delle mail l’avvocato Genny Iannotti, uno che a Caserta c’è nato nel 1974 e che ci vive e lavora, sotto forma di uno studio penale dove ha accanto quattro avvocati e non è che un tale studio si occupi di inezie, a cominciare dai casi in cui è offeso l’ambiente circostante. Ma il punto rilevante di quelle mail è che non erano foto di piatti di spaghetti da mangiare all’istante o di crepuscoli di città in cui l’avvocato Genny stava passando una qualche vacanza – il tipo di missive da cui sono bersagliato da mane a sera e da cui non so come difendermi – , e bensì mail in cui mi raccontava di libri che aveva letto o di libri rari che aveva comprato a scopo di collezione.
Perché l’avvocato Genny è un patito della bellezza moderna quando incarnata in un quadro o in un oggetto di design o in un libro in prima edizione, e difatti tanto ha insistito finché io non sono sbarcato a Caserta a tastarla dal vivo quella bellezza da cui lui si è circondato. A cominciare dal suo studio, dove tu entri e pensi che non sia affatto uno studio di avvocati penalisti quello in cui ti ritrovi, e bensì una una galleria d’arte a giudicare da quanto sono effervescenti i tantissimi quadri appesi ai muri, e da quanto sono raffinate le differenti librerie che contengono gli atti di cui vive quello studio, nonché dall’amore maniacale con cui sono stare prescelte le lampade che ne illuminano ciascuna stanza. Beninteso non abbiamo a che fare con i diecimila oggetti d’arte di cui è fatta la collezione che il magnate francese François Pinault esibisce oggi alla Bourse de Commerce di Parigi, ma di ciò che ama e brama un nostro confratello in un’epoca in cui ad avere il primo posto in Italia sono piuttosto il risaputo e la volgarità.
Nella stanza che fa da cuore di questa casa casa/studio, giusto dirimpetto alla scrivania in cui lavora il nostro Genny c’è una sorta di cavità che fa piuttosto da altare della bellezza moderna di cui sto dicendo. Quattro o cinque mensole su cui sono apposti oggetti e libri che raccontano il talento italiano di quest’ultimo mezzo secolo. C’è incorniciata e protetta da vetri una lettera di Balla che sta pronunziando il suo entusiasmo per avere visitato una mostra di Umberto Boccioni, c’è il volto di una coloratissima “Marilyn” per come se l’è inventata Enrico Baj, una toccante lettera di Italo Calvino al Cesarino Branduani che dirigeva la libreria Hoepli di Milano negli anni Trenta, un esemplare della mitologica Lettera 32 della Olivetti, uno sgargiante presepe in ceramica di Mimmo Paladino, il calendario Timor in plastica progettato da Enzo Mari per la Danese, un libro d’artista di Bruno Munari, le avvincenti fanciulle disegnate all’acquaforte da Dino Buzzati poco prima di morire nel libro del 1971 che ha per titolo Le gambe di Saint Germain. Che ve ne pare?
Solo che ad andare a far visita al Genny da Caserta, non puoi non sbattere contro le particolarità di questa città tutta da scoprire. E’ lui che mi ha invitato a non perdermi una serie televisiva in tre puntate su Rai 2 che ha per titolo Scugnizzi e che è andata in onda la settimana scorsa. Sarà perché non ne sapevo nulla, fatto è che ne sono rimasto a bocca aperta. E siccome le storie di sport sono le storie più avvincenti che ci siano, succede che nella Caserta del 1991 si compia una storia da sogno. Che la squadra di basket che ha nome Juvecaserta batta nella finale per il titolo italiano nientemeno che l’Olimpia di Milano, una squadra che era come se la custodisse in cassaforte l’eccellenza del basket italiano, la squadra che era stata quella di Dino Meneghin e Pierluigi Marzorati. A fare impennare alla Juvecaserta il suo destino era stato un imprenditore casertano fuori dal comune, Giovanni Maggiò (nato nel 1929, morto nel 1987), il quale – dietro sollecitazione del padre e degli zii dello scrittore Francesco Piccolo (nato a Caserta nel 1964) – ne assunse la proprietà nel 1973, quando la squadra era ancora in Serie B.
E’ lui ad assumere nel 1982-1982 un coach di valore europeo, Bogdan Tanjevic, il quale già nel torneo 1984-1985 porta la Juvecaserta nella semifinale e l’anno successivo nella finale del torneo italiano. Ancora più geniale è la scelta del coach successivo, Franco Marcelletti. Con lui la Juvecaserta è nell’olimpo grazie anche al fatto che nel corso degli anni Ottanta ne entrano a far parte due ragazzoni nati nei quartieri popolari di Caserta e che diverranno due leggende del basket italiano, Ferdinando Gentile detto “Nando” (nato nel 1967) e Vincenzo Esposito detto “El diablo” (nato nel 1969), il secondo giocatore italiano che entrerà a far parte della Nba. Due che era come se ci fossero nati con la palla da basket attaccata alla mano. E dire che Esposito becca una botta alla gamba nella quinta e ultima partita della finale del 1990-1991. Malconcio resta a guardare i suoi compagni, che prevarranno 97-88. Voi che questa saga non la potete ascoltare dalla viva voce di Genny, non perdetevi “Scugnizzi”.