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Le pagine imprescindibili che hanno seguito i viaggi e i traslochi di una vita

Giampiero Mughini

Un accenno amoroso alle “casse dei libri” sin dal titolo di un recentissimo libro di Walter Benjamin pubblicato in Italia. Ecco come comprare, leggere, collezionare libri sia un’operazione in cui tutto si tiene a tutto

Agli occhi di quelli che amano i i libri (purtroppo non sono tantissimi) è sempre più palese che il comprare, leggere, collezionare libri sia un’operazione in cui tutto si tiene a tutto. Compri libri da un catalogo antiquario, li vai scoprendo via via che ce li hai, ti si apre ogni volta uno sportello nuovo di conoscenze. Meglio collezioni, più grande si fa l’arco delle cose che conosci, che sai collegare l’una all’altra, che sai mettere assieme, più numerose diventano le piste che sei in grado di percorrere e talvolta sono piste esaltanti. Ecco perché ho amato molto, e fin dal titolo, un recentissimo libro di Walter Benjamin pubblicato in Italia, Tolgo la mia biblioteca dalle casse. E altri scritti su bibiliografia e collezionismo, non a caso opera di uno dei più grandi intellettuali europei di metà del Novecento, uno studioso onnivoro che in Germania di libri rari e importanti era stato un collezionista aguzzo. Era nato nel 1892, si suicidò nel 1940. Del resto già il padre era stato un importante antiquario.

Quel titolo mi ha commosso, in particolare quell’accenno amoroso alle “casse dei libri”, perché era come se alludesse all’ultimo spicchio della vita di Benjamin quando dalla Francia dove aveva vissuto da quando Hitler era divenuto padrone della Germania nonché della stessa Francia, aveva cercato disperatamente di immigrare quarantatottenne in Spagna. Il 26 settembre 1940 c’era arrivato al confine fra i due paesi, la salvezza era a portata di mano non fosse che le guardie spagnole lo intercettarono e gli vietarono il passaggio. Benjamin aveva con sé della morfina e con quella chiuse la sua vita pur di non cadere ostaggio dei nazi. Voglio immaginarmi  – anzi, sono sicuro – che in quel suo ultimo viaggio se la fosse portata appresso una “cassa” con alcuni dei suoi libri da collezione, dei libri a lui più cari e indispensabili, quelli che a furia di sfogliarli era come se ti imbattessi in pepite d’oro e tenendo presente che la cultura e l’editoria tedesca si stagliavano in quel momento al vertice della cultura europea.

Più o meno negli stessi anni in cui Benjamin stava dando del suo meglio alla cultura europea, l’anglista italiano Mario Praz stava impiantando la sua collezione di arte neoclassica individuata e raccolta in tutte le sue manifestazioni maggiori e minori. Da quella sua leggendaria residenza di via Giulia scaturì un libro memorabile della nostra cultura novecentesca, La casa della vita, dov’era per l’appunto indisgiungibile ogni particolare delle opere amate e acquistate e ogni particolare della vita vissuta in quella casa. O meglio ancora, non c’erano persone vive in quel racconto e in quelle stanze bensì quadri, sculturine, piccole incisioni appese ai muri dopo essere  state accuratissimamente incorniciate, libri in tutte le lingue europee  e talvolta nelle loro successive e differenti edizioni, il tutto come se ogni opera fosse matrimoniabile a tutte le altre. Una casa/museo e finché Praz non ne venne sfrattato per andare in un’altra casa/museo, Casa Pontremoli dov’è morto e che è oggi uno dei luoghi sacri di Roma e della sua cultura. Quando la andai a visitare stanza per stanza, alcuni anni fa, mi mancava il fiato da quanto da ciascuna di quelle opere o magari da operine da pochi centimetri era come se emanasse un fluido che non faceva rumore ma che ti penetrava in fondo all’anima e la scavava.

E del resto, per tornare al titolo del libro di Benjamin da cui siamo partiti, resta per me indimenticabile il momento in cui vent’anni fa me ne trascinai eccome di “casse” colme della mia collezione di prime edizioni della cultura italiana del Novecento mentre stavo traslocando nella mia nuova casa romana, quella in cui vivo adesso e dopo i trent’anni in cui avevo vissuto nella casa romana dov’ero approdato venendo dalla Sicilia da cui ero fuggito. Si compiva un tempo della mia vita, forse il più difficile ma anche il più importante, quello in cui ero divenuto un uomo con un suo mestiere e un suo reddito, ma anche quello in cui mi ero sbarazzato delle fumisterie di sinistra di cui era stata ricca la mia giovinezza,

Ebbene la nuova casa era stata pensata innanzitutto per ospitare i vari comparti della mia biblioteca, a ciascuna stanza un suo marchio. I libri e le riviste della cultura italiana del Novecento, i libri d’artista sopratutto francesi, i libri di fotografia, la bibliotechina dedicata al porno, le prime edizioni delle opere di Andy Warhol. E su tutto la biblioteca di lavoro a forza della quale dovevo campare. Casse che aprivo una dopo l’altra, brandelli della mia vita che riesumavo e mettevo in ordine. Ci misi un mese a rassettare il tutto. Cominciava il terzo e ultimo pezzo del mio cammino nella professione che mi ero scelto. Purtroppo questa storia s’è conclusa. Le mie attuali condizioni di salute non mi permettono di andare oltre nella ricerca e nell’acquisto dei libri da collezione. Non ce ne saranno più di casse da riempire fino all’orlo. Non più.

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