Enrico Berlinguer, Sando Pertini, Antonello Trombadori e Francesco Rosi ai funerali di Luchino Visconti a roma il 19 marzo 1976 (Ansa)

Uffa!

Il comunista Antonello Trombadori, dai Gap all'abbandono della durezza ideologica

Giampiero Mughini

Mirko Bettozzi firma la biografia di una figura chiave del ’900. Il Trombadori che ho conosciuto e frequentato io negli anni 80 era amico di Sciascia, e mi azzardo a dire che negli ultimi anni della sua vita era divenuto un “revisionista”

Nome purtroppo dimenticato dalle ultime generazioni pur interessate alla storia politica italiana del Novecento, Antonello Trombadori (di cui è appena uscita da Castelvecchi una biografia a firma Mirko Bettozzi), era nato  il 10 giugno 1917 a Roma, dove è morto il 19 gennaio 1993. Dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta nessun personaggio italiano ha rappresentato quanto lui la figura dell’intellettuale comunista duro e puro, talvolta fin troppo duro.

Non rammento come e dove l’ho incontrato per la prima volta. E’ un fatto che da amico e da interlocutore è stata una delle presenze più importanti della mia vita, una sorta di miniera cui attingevo senza sosta da quanto era inesauribile il bagaglio delle sue esperienze, del suo lavoro nei giornali, i suoi viaggi in Cina o in Vietnam quando quei Paesi erano davvero remotissimi, la sua frequentazione delle gallerie e delle mostre d’arte, le sue poesie anche. Fu Antonello a ricordarmi che stava scadendo l’anniversario dell’assassinio (15 aprile 1944) di Giovanni Gentile da parte di gappisti comunisti, e che sarebbe valsa la pena andare a Firenze per smantellare la leggenda secondo cui il filosofo era stato ucciso da altri fascisti perché giudicato troppo “moderato”. Andai a Firenze e ne venne un articolo sull’Europeo di cui sono particolarmente orgoglioso: dove c’erano i nomi e cognomi di tutti e quattro i partigiani comunisti che avevano atteso Gentile innanzi al cancello della sua villa fiorentina e poi gli avevano sparato a bruciapelo.

Che fosse stato uno come Antonello a sottolineare quanto poco limpida e quanto poco giustificabile fosse stata quell’azione dei Gap aveva un particolare rilievo perché di Gap eccome se Antonello ne sapeva. Perché ai tempi dell’occupazione nazi di Roma, i tempi immediatamente successivi alla caduta del governo Mussolini e dunque dell’armistizio firmato dal maresciallo Badoglio, l’azione dei Gap romani fu particolarmente temeraria e sapete chi era il vicecapo di quell’organizzazione, il capo essendone Giorgio Amendola? Per l’appunto Antonello Trombadori.

Quando dici Gap romani, dici attentato di via Rasella, la loro azione più micidiale e fors’anche la più discutibile. Ebbene, quando alla mattina del 24 marzo 1944 i nazi avviano nelle carceri romane la scelta delle vittime da far valere nella rappresaglia di dieci fucilati contro ciascuna delle 33 vittime tedesche, il vicecapo dei Gap romani è un loro prigioniero in una cella del carcere di Regina Coeli. Appare incredibile che Trombadori sia potuto sfuggire alla cernita delle vittime da massacrare alle Fosse Ardeatine. Nel suo libro Betozzi scrive che quella mattina Antonello era ricoverato nell’infermeria del carcere e che fu questo a salvarlo. Antonello me l’aveva raccontata diversamente. Mentre i nazi raccattavano gli sciagurati da portare alle Fosse Ardeatine, lui e il suo compagno di cella guardavano dalla finestrella il raduno dei miserandi nel cortile del carcere, aspettando che da un momento all’altro i nazi bussassero alla loro porta. Il che non avvenne.

Il Trombadori comunista degli anni dell’immediato dopoguerra è un uomo tutto d’un pezzo. Si tratti d’arte o di politica non è tipo da prediligere le sfumature. Si tratti di un film o di un romanzo o di un quadro, lui impugna la mazza ideologica e la adopera senza ritegno, salvo magari rivedere i propri giudizi come nel caso dei quadri del pittore Giorgio Morandi, di cui faticherà non poco a riconoscere la sfuggente grandezza.

Il Trombadori che ho conosciuto e frequentato io negli anni Ottanta era tutt’altra persona e non a caso in quei tempi uno degli amici suoi più pregiati era Leonardo Sciascia (in quel momento parlamentare del Partito radicale), uno che la durezza ideologica non sapeva minimamente che cosa fosse. Mi azzardo a dire che negli ultimi anni della sua vita Trombadori era divenuto un “revisionista”, uno che sopportava a malapena la durezza bronzea di cui era tessuta la cultura di sinistra, una durezza che aveva poco a che fare con la complessità del vissuto e del vivibile. Da parlamentare comunista Trombadori aveva votato entusiasticamente le proposte di Franco Basaglia miranti a cancellare siti e istituti dove fossero come reclusi, e questo allo scopo di proteggerli, coloro la cui mente aveva ceduto. Accadde che alla figlia di Antonello (sorella di Duccio) la mente cedesse. Antonello andò disperatamente in giro per Roma a cercare un indirizzo dove sua figlia potesse essere custodita e protetta da specialisti. Non trovò un buco atto alla bisogna. Gli offrii immediatamente di che parlarne sull’Europeo. Lui mi raggiunse in redazione. Aveva come stampata in volto la dolorosa certezza che non esistono formule che rendono la vita meno drammatica e polivalente di quanto è.

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