
ANSA FOTO
Uffa!
Nessun linguaggio artistico compete con la fotografia nel raccontare gli esseri umani
Il libro "La geometria e la compassione" di Ferdinando Scianna raccoglie fotografie di momenti in cui l'umanità si è situata al gradino più basso in termini di dolore, violenza, miseria. Quest'opera, assieme a molte altre, dimostra il primato di questo mezzo espressivo per testimoniare la ricchezza delle emozioni e delle esperienze umane
In quella sorta di giungla che è la mia biblioteca, diventa una lotta spasmodica recuperare libri di cui ho bisogno di volta in volta. Ossia ritrovare testi che mi hanno mandato e che avevo adagiato da qualche parte ma non so più dove, ridisporre in ordine alfabetico un libro che ho appena comprato e letto, decidere se un determinato libro va apposto sullo scaffale riservato ai romanzi o invece su quello riservato ai saggi, di ogni libro tenere ben distinta la prima edizione da quelle successive.
Succede così che qualche giorno fa mi sono ritrovato fra le mani un bellissimo libro di sue fotografie (La geometria e la compassione, Silvana Editoriale, 2023) che il mio vecchio amico e conterraneo Ferdinando Scianna mi aveva inviato qualche mese fa e che pressoché immediatamente avevo perso di vista. A Catania negli anni Settanta fui io a organizzare una delle prime presentazioni in pubblico di quello stupendo libro fuoruscito dalla combutta tra Scianna e Leonardo Sciascia, Feste religiose in Sicilia (Leonardo da Vinci editore, 1965), di cui vedo adesso una copia offerta su Amazon al prezzo di 550 euro.
Il libro della Silvana Editoriale da cui sono partito è tutt’altro prodotto culturale. E’ una sorta di antologia di foto scattate da Ferdinando in giro per il mondo, e sono tutte foto di quando l’umanità si situa al gradino più basso in fatto di dolore, miseria, umiliazione, violenza subita. C’è anche, scattata nel 1985, la foto in primo piano di due sopravvissuti alla strage di poco meno di 800 italiani che i nazi perpetrarono a Marzabotto nell’autunno del 1944. Numerose le foto di cadaveri disseminati dappertutto, di uomini come schiantati.
Quale altro linguaggio artistico può competere con la foto nel raccontare il destino dell’uomo? Quale altro linguaggio può catturare il terrore e lo strazio di chi sta vivendo il terrore e lo strazio? Quale altro linguaggio può afferrare così intensamente la sensualità di una donna che si offre o finge di offrirsi com’è nelle celeberrime polaroid di Carlo Mollino? Chi meglio di Ugo Mulas nel mostrarci i volti e gli anditi di quella Milano dei Sessanta dove tutto stava mutando volto?
Non poteva non essere Leo Longanesi a capire per primo tutto questo. E’ geniale quel suo libro pubblicato da Rizzoli nel 1949, Il mondo cambia. Storia di cinquant’anni 1900-1950, in cui Longanesi si diede a raccontare la prima metà del Novecento solo e soltanto attraverso le foto. Foto foto foto, non occorreva altro. Scene di delirio ai funerali di Rodolfo Valentino in America, le teste decapitate di un bandito brasiliano e dei suoi seguaci esposte al pubblico, le manifestazioni di una folla plaudente per le strade della Mosca comunista il primo maggio, il terrore impresso sui volti di una famiglia polacca in fuga mentre i nazi avanzano su Varsavia, soldati inglesi che fuggono alla men peggio dalle spiagge di Dunkerque, la testa e il volto di Lev Trotsky avvolto nelle bende nel letto d’ospedale dopo il colpo di piccone pagato da Stalin, interminabili colonne di prigionieri russi quando sembrava che l’invasione nazi fosse riuscita, brandelli dell’esercito tedesco sconfitto a Stalingrado, le ausiliarie tedesche del campo di BergenBelsen che gettano in una fossa le salme dei prigionieri morti. Tutto questo in un solo libro seppure di grande formato.
E del resto tutta la cultura italiana novecentesca è marchiata dai libri di foto. Non nel senso che ce ne siano tanti, ma quelli che ci sono non li dimentichi. Impossibile dimenticare L’occhio quadrato del 1941, il libro di Alberto Lattuada che fa da avamposto del neorealismo italiano sbocciato nel primo Dopoguerra. Memorabile il libro di foto di Ugo Mulas (New York: The New Art Scene) che nel 1967 svelò lo sbarco irresistibile della cultura pop nel mondo. Irrinunciabile il libro di Lisetta Carmi I travestiti, ed era la prima volta che la condizione umana degli omosessuali era presentata al grande pubblico. Se amate le poesie di Ezra Pound, allora non dovete lasciarvi sfuggire il più bel libro che lo riguardi, l’Ezra Pound tutto tessuto dalle stupende foto di Vittorugo Contino. Per non dire del Viaggio in Italia, il libro del 1983 scaturito dal lavoro di una squadra di fotografi capitanati da Luigi Ghirri e che raffigurò il nostro paese come mai lo avevamo visto prima.