Alla violenza negli stadi la risposta è #alfanodimettiti
#alfanodimettiti. Invece di promettere che non avrà “clemenza” nei confronti del tifo violento, perché il ministro dell’Interno non usa a noi la clemenza di dimettersi? A differenza dei suoi predecessori, il titolare del Viminale dispone di mezzi smisurati per la prevenzione e la repressione del mondo ultras. Dalla tessera del tifoso (geniale baggianata concepita dal predecessore Roberto Maroni) al Daspo più feroce che si possa immaginare.
Cito dai giornaloni plaudenti dell’autunno scorso: divieto di accesso per almeno 3 anni nei confronti dei responsabili di violenze di gruppo e da 5 a 8 anni nel caso di recidivi, con aumento della platea dei potenziali destinatari che comprende anche chi è stato denunciato o condannato per l’esposizione di striscioni offensivi o violenti o razzisti, per reati contro l’ordine pubblico e altri delitti gravi, quali rapina, detenzione di esplosivi, spaccio di droga; e poi il divieto di trasferta per uno o due campionati nel caso di gravi episodi di violenza. Il ministro Alfano, per una durata fino a due anni, può chiudere il settore ospiti e vietare la vendita di biglietti ai tifosi che risiedono nella provincia della squadra avversaria.
Serviva altro? Vogliamo scrivere altre leggi speciali contro i tifosi, salvo poi accorgerci che la repressione non funziona? O non è meglio liberarci di un ultrà delle chiacchiere come Alfano, che invece di debellare la violenza l’ha incrudelita, trasferendola fuori dagli stadi, e che invece di incoraggiare una sana cultura ultras ha finito per criminalizzare ogni curva, rifiutando ogni forma di dialogo con il tifo organizzato, senza distinzioni e discernimento? La mia riposta è: #alfanodimettiti.
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