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Uscire dall'impasse tra meritocrazia e populismo

Nel 1958 un romanzo aveva capito lo stallo occidentale

“In Francia, dove lo straordinariamente impopolare Emmanuel Macron presiede un paese dilaniato dalle proteste populiste, in un’intervista televisiva è stato chiesto a un importante politico del partito di Macron quali errori politici avevano commesso i suoi coetanei: ‘Eravamo probabilmente troppo intelligenti, troppo sottili’, ha detto all’intervistatore”, scrive Ross Douthat.

“Nello stesso periodo un giornale ungherese ha rilasciato un’intervista a Radek Sikorski, ex ministro degli Esteri polacco e membro di un partito centrista che è stato spazzato via dai populisti che attualmente governano a Varsavia. Alla domanda di spiegare la caotica situazione europea, ha citato un saggio di sua moglie, la giornalista del Washington Post Anne Applebaum, che ritrae il populismo come, in parte, una rivolta dei risentiti e infruttuosi contro ‘meritocrazia e concorrenza’. L’alternativa centrista al populismo, ha suggerito, è stata incarnata da Macron, che ha vinto la presidenza francese sulle ‘idee positive’ piuttosto che su ‘ciò che è peggiore in noi’.

 

Mentre leggevo entrambi questi scambi, il mio Kindle era aperto su ‘The Rise of the Meritocracy’, scritto nel 1958 dal funzionario britannico Michael Young. Il neologismo di Young fu presto adottato come un complimento, un termine di elogio per un sistema di formazione d’élite. Ma Young aveva in mente qualcosa di più distopico. Il suo libro, un’opera romanzata che pretendeva di essere un’opera di storia e di analisi politica scritta a metà del XXI secolo, immaginava un mondo le cui classi erano sempre più segregate dal talento e dall’intelligenza, in cui l’élite intelligente e standardizzata diventava una versione sempre più intollerabile dell’antica aristocrazia, portando infine a rivolte e rivoluzioni populiste nell’allora lontano futuro del 2034. Una profezia che si adatta molto bene al panorama politico occidentale contemporaneo, anche se le rivolte populiste sono arrivate un po’ prima”.

 

Secondo Douthat siamo a una impasse oggi fra meritocratici e populisti. “Diverse versioni di questa impasse esistono in Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti. Nella versione britannica le forze del populismo hanno avuto una splendida vittoria nel referendum sulla Brexit ma mancavano di veri leader. In Francia le proteste dei gilet gialli hanno portato la furia populista dalle periferie francesi nel cuore di Parigi e distrutto i piani centristi-tecnocratici di Emmanuel Macron. Negli Stati Uniti i populisti detengono teoricamente la Casa Bianca, sotto un presidente che ha promesso di essere un traditore della sua classe. Ma l’agenda politica della sua amministrazione è stata guidata dall’élite economica del Partito repubblicano piuttosto che dagli elettori che lo hanno scelto. In teoria, l’impasse può essere superata. Ma il sistema che abbiamo può davvero produrre un tale statista?”.

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