I gilet gialli e il maggioritario
Le proteste stanno accadendo perché la Francia ha troppa democrazia, scrive il Wall Street Journal
“La giustificazione più comune delle proteste dei gilet jaunes, in Francia, contro le accise sui carburanti, è che derivano da troppo poca democrazia”, ha scritto Joseph Sternberg sul Wall Street Journal. “I cittadini che guadagnano poco e che vivono in zone rurali sentono di essere stati abbandonati dall’aggressivo programma di riforme economiche del presidente Emmanuel Macron, che ignora i loro interessi e favorisce le élite metropolitane. È vero il contrario. Le proteste stanno accadendo perché la Francia ha troppa democrazia. Quel che manca è la politica. Un emendamento costituzionale del 2000 ha accorciato il mandato presidenziale da sette a cinque anni, così da allineare esplicitamente i calendari elettorali presidenziali e legislativi. Questo amplifica il mandato di un presidente (già gonfiato da un sistema elettorale con ballottaggio che esagera il supporto elettorale dell’eventuale vincitore), riducendo il rischio di dover ‘coabitare’ con un’Assemblea nazionale controllata dal partito opposto.
I partiti tradizionali hanno adottato un sistema di primarie intrapartito simile a quello degli Stati Uniti, permettendo ai membri di partito di decidere chi li guiderà nelle elezioni successive. L’inesorabile logica di tutta questa democratizzazione è che quelli con reddito basso e giacchetta gialla che protestano e che si sentono abbandonati vengono, in effetti, abbandonati. Altrove, simili movimenti ‘periferici’, dai Democratici svedesi all’Alternativa per la Germania, hanno anch’essi scoperto che c’è un limite alla loro popolarità, appena al di sotto di un terzo circa dell’elettorato. Nemmeno Donald Trump rappresenta una piena vittoria delle periferie, avendo vinto con due punti percentuali del voto popolare in meno di Hillary Clinton. Comunque i voti delle periferie sono una minoranza corposa. Il diffondersi delle proteste in Francia dimostra i pericoli di permettere a una sana dose di democrazia di trasformarsi in brutale maggioritarismo.
Il voto maggioritario ha una sua importanza, ma non può in alcun modo unire davvero una società eterogenea. I democratici americani sulle coste capiscono cosa questo vuol dire? Credono di rappresentare una maggioranza in ascesa e i risultati elettorali degli anni recenti sembrerebbero suggerire che abbiano ragione, per ora. Si può simpatizzare con la loro frustrazione per il fatto che il sistema federale americano sia complesso e non traduca una maggioranza elettorale in potere dove conta, al Congresso come alla Casa Bianca. Ma la lezione da apprendere guardando alla Francia è che i limiti al voto maggioritario sono una buona cosa. I democratici farebbero meglio a concentrarsi sulla politica anziché sull’ingegneria costituzionale. Il presidente Macron sta scoprendo che quei politici eletti grazie al voto maggioritario possono perire del caos sociale che questo comporta. Con loro, muoiono anche i programmi elettorali”.
Il Foglio internazionale